LA SETTIMANA DEI MERCATI (27-31 marzo 2023) – Il commento di Mark Dowding, CIO di BlueBay

La settimana dei mercati – Mark Dowding, BlueBay CIO, RBC BlueBay AM

Movimenti delle banche centrali: dalla Fed allo strano caso della BoJ

In sintesi

  • Resta da vedere se l’inasprimento delle condizioni finanziarie prenderà il posto di un aumento dei tassi
  • Negli Stati Uniti, i policymaker hanno gli strumenti per gestire sia la stabilità dei prezzi sia quella finanziaria
  • Gli eventi europei evidenziano l’importanza della fiducia nel sistema finanziario
  • Contrariamente alla sua posizione storica, la Bank of Japan sembra disposta ad accettare un’inflazione più elevata
  • L’incertezza sulle prospettive economiche è aumentata e il sentiment del mercato rimane fragile

 

(27-31 marzo 2023) Dopo i tumultuosi movimenti dei mercati delle ultime due settimane, negli ultimi giorni le condizioni di trading si sono un po’ calmate. Da un punto di vista macro, le operazioni che hanno visto una diffusa interruzione delle posizioni corte sui tassi in tutti i mercati globali sembrano aver fatto il loro corso

Di conseguenza, i rendimenti hanno ritracciato un po’ più in alto nell’ultima settimana, pur rimanendo sostanzialmente inferiori sul mese, mentre gli investitori continuano a valutare in che misura l’inasprimento delle condizioni finanziarie – sulla scia dei recenti fallimenti bancari – prenderà il posto di un aumento dei tassi d’interesse.

 

Nel frattempo, continua il dibattito sulla probabilità e sulla tempistica di una recessione economica nei prossimi mesi. Noi continuiamo a prevedere un ulteriore rialzo da parte della Fed a maggio, che porterebbe i tassi appena sopra il 5%. Tuttavia, siamo scettici sul fatto che i tassi scenderanno subito dopo, anche se la crescita dovesse arrestarsi.

 

In definitiva, riteniamo che la Fed avrà necessità di vedere un’inflazione molto più bassa prima di iniziare a prendere in considerazione l’idea di passare a una politica più accomodante. Per quanto riguarda le banche, riteniamo che la Federal Reserve e gli altri policymaker possano adottare nuove misure per ripristinare la fiducia nel settore bancario regionale e minore che, in aggregato, è responsabile di circa la metà dei prestiti dell’intera economia statunitense.

 

Ciò considerato, non siamo d’accordo sul fatto che si debba scegliere tra stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria. Entrambe sono importanti per i policymaker e si possono utilizzare strumenti diversi per raggiungere entrambi gli obiettivi. Ciononostante, la posizione corta sui tassi USA, che abbiamo adottato quando le aspettative della Fed sono calate bruscamente la scorsa settimana, è più una posizione tattica che strutturale, ora che pensiamo di essere vicini alla fine del ciclo di rialzi della Federal Reserve.

 

Anche in Europa le preoccupazioni per il settore bancario si sono attenuate negli ultimi giorni. Deutsche Bank si è trovata sotto una pressione indesiderata alla fine della scorsa settimana. A nostro avviso, questa azione di prezzo era ingiustificata e secondo alcune voci la debolezza potrebbe essere stata innescata da una piccola operazione sui Credit Default Swap di Deutsche, in un mercato illiquido.

 

Nel caso del Credit Suisse, si può sostenere che il fallimento della banca sia stato determinato da una perdita di fiducia nel prestatore, che ha visto lo spread dei suoi Credit Default Swap superare i 500 punti base, inducendo le controparti a sospendere le negoziazioni con la banca e quindi a minare ulteriormente la fiducia nel prestatore. In assenza di sostegno, Credit Suisse si è trovata in una sorta di spirale mortale dalla quale non è riuscita a uscire. Il suo destino era quindi segnato, in assenza di qualsiasi sostegno da parte del suo azionariato e a seguito di un’offerta piuttosto tiepida di sostegno alla liquidità da parte delle autorità svizzere al prestatore in difficoltà.

 

Questo episodio dimostra quanto la fiducia sia importante per la redditività di una banca e che, una volta persa, non è facile riconquistarla. In questo contesto, gli spread dei Credit Default Swap possono svolgere un ruolo importante nel segnalare o minare la fiducia, ed è preoccupante che la relativa illiquidità di questo mercato possa portare a una rapida oscillazione dei prezzi, fornendo potenzialmente segnali fuorvianti agli operatori dei mercati finanziari.

 

Ciò premesso, continuiamo a ritenere che il contesto operativo per le banche europee sia il migliore degli ultimi 15 anni e che l’aumento dei tassi stia migliorando i margini di interesse netti e incrementando la redditività delle banche. Da questo punto di vista, manteniamo una visione costruttiva sulle banche e sulle emissioni di debito subordinato, che a nostro avviso offrono un valore molto interessante.

 

In Europa non esiste un problema di fuga dei depositi dai piccoli ai grandi istituti di credito e da questo punto di vista vediamo un impatto minore sulle condizioni finanziarie dell’Eurozona rispetto agli Stati Uniti, dopo i recenti fallimenti bancari.

 

Gli incontri con i policymaker tenutisi a Tokyo questa settimana hanno riconfermato la nostra opinione che è in atto un cambiamento delle politiche. Continuiamo a ritenere che il controllo della curva dei rendimenti (Yield Curve Control, YCC) sarà eliminato dalla Bank of Japan (BoJ) in occasione della riunione di aprile o (più probabilmente) di giugno.

 

Il mese scorso l’inflazione core in Giappone è salita al 3,5%, massimo del ciclo, mentre l’esito della tornata di trattative salariali di Shunto ha fatto registrare un dato superiore alle attese, vicino al 4%. Lo stigma negativo legato all’aumento dei prezzi in Giappone sembra stia scomparendo, per cui continuiamo ad avere una visione sull’inflazione sostanzialmente superiore alle stime del consenso interno. Si ritiene che le recenti turbolenze bancarie potrebbero far sì che la BoJ si astenga dall’intervenire in aprile.

 

Tuttavia, notiamo che molte cose possono cambiare nell’arco di un mese ed è certamente possibile che le preoccupazioni finanziarie degli Stati Uniti si rivelino molto meno pressanti tra qualche settimana. Alcuni investitori nazionali ritengono inoltre che la mentalità deflazionistica sia così radicata che la Bank of Japan potrebbe aspettare ancora prima di dichiarare vittoria nella sua battaglia per portare i prezzi al 2%. Detto questo, c’è una sensazione piuttosto strana nel riflettere su una Banca Centrale che continua a desiderare che l’inflazione salga, nel momento in cui altre Banche Centrali a livello globale stanno tutte pregando che cali.

 

La debolezza dello yen sta anche favorendo il turismo in Giappone, come dimostrano le lunghe file di visitatori in coda per entrare nel Paese questa settimana per la stagione della fioritura dei ciliegi. La carenza di manodopera è evidente e i prezzi degli hotel sono aumentati di recente, poiché al momento la domanda supera l’offerta.

 

Questi aneddoti contribuiscono a far credere che la politica super accomodante del Yield Curve Control non sia più giustificata. In un certo senso, riteniamo che sia un peccato che il governatore Kuroda non abbia eliminato la YCC durante la sua ultima riunione. Dopo tutto, le condizioni economiche di oggi sono molto diverse rispetto a quelle del 2016, quando tale politica è stata inaugurata.

 

All’epoca era necessario il massimo stimolo per contenere le minacce deflazionistiche, ma ora non è più così. L’inflazione si sta rivelando impopolare in Giappone e la BoJ inizia a subire il peso delle accuse in tal senso. Un Paese che ha poca memoria dell’inflazione sta iniziando a imparare che non è immune dalle leggi fondamentali dell’economia e che se la politica viene mantenuta troppo stimolante per troppo tempo, la crescita dei prezzi accelererà.

 

I rendimenti dei Japanese Government Bond sono scesi questo mese, in seguito all’interruzione delle posizioni dei fondi hedge macro su tutti i mercati globali. In questo contesto, i JGB sono stati uno short popolare. Tuttavia, dato che il flusso di notizie in Giappone riporta il cambiamento di policy, riteniamo che non ci siano motivi per cambiare opinione sulla sua evoluzione e, in tal caso, abbiamo colto l’opportunità della recente azione dei prezzi per aggiungere la nostra posizione corta a una posizione massima.

 

Con il calo dei rendimenti decennali allo 0,25%, vediamo ancora una volta una forte asimmetria nel profilo di rendimento prospettico. In sostanza, se la nostra opinione sulla BoJ è sbagliata, ci aspettiamo che i rendimenti rimangano al loro livello, poiché hanno poco spazio per scendere. Tuttavia, se la nostra valutazione è corretta, potrebbero esserci guadagni significativi, sulla base di una valutazione del fair value dei JGB a 10 anni intorno all’1,25%.

 

Guardando al futuro 

 

Pare che l’incertezza sulle prospettive economiche a medio termine sia aumentata e il sentiment del mercato sia fragile. I mercati sono stati relativamente illiquidi negli ultimi tempi e l’azione dei prezzi su base intraday è stata irregolare in molti di essi. Tuttavia, poiché molti investitori attivi e hedge fund hanno eliminato il rischio dalle posizioni, riteniamo che si possa entrare nella settimana, resa più breve dalla pausa di Pasqua, con un calo della volatilità.

 

Con l’affievolirsi nella memoria collettiva dello shock del Credit Suisse, riteniamo che il sentiment dei titoli finanziari europei possa continuare a riprendersi. Tuttavia, i problemi legati alle banche più piccole e regionali degli Stati Uniti non sono ancora stati risolti e continuerà ad essere importante monitorare la potenziale fuga dei depositi e qualsiasi prova che l’inasprimento degli standard di prestito si stia trasformando in un vero e proprio credit crunch.

 

 

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Mark Dowding, BlueBay CIO, RBC BlueBay Asset Management

Mark Dowding, con oltre 25 anni di esperienza nel mondo degli investimenti, è in BlueBay dal 2010. In precedenza è stato Head of Fixed Income per l’Europa in Deutsche Asset Management, ruolo che aveva già ricoperto in Invesco. Ha iniziato la sua carriera come gestore obbligazionario in Morgan Grenfell nel 1993, dopo la laurea in Economia all’Università di Warwick.