da Columbia Threadneedle Inv.: Dove finirà la crisi finanziaria? – a cura di Steven Bell

Buongiorno,

di seguito inviamo il weekly market outlook a cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments (+ foto).

 

Restiamo a disposizione per ulteriori informazioni.           

Un saluto,

Diana

M. +39 3381313854

 

Dove finirà la crisi finanziaria?

 

  • Il collasso di Credit Suisse, un gigante del settore bancario europeo, ha riacceso i timori di una crisi finanziaria globale (GFC)
  • Gli eventi recenti hanno inasprito le condizioni di credito in un mondo in cui stavano già diventando più restrittive
  • La Fed sarà riluttante a tagliare i tassi se il mercato del lavoro rimane così rigido e l’inflazione così alta
  • La situazione in Europa è molto diversa. I problemi di Credit Suisse non sembrano trovare riscontro in altre banche europee

 

Il crollo di Credit Suisse, gigante del settore bancario europeo, ha riacceso i timori di una crisi finanziaria globale (GFC). Nelle Prospettive di mercato di questa settimana, facciamo un passo indietro e consideriamo dove potrebbero trovarsi l’economia globale e i mercati finanziari tra 3-6 mesi.

 

Ci sono tre grandi differenze tra la crisi attuale e quella del GFC. Innanzitutto, oggi l’inflazione è ben al di sopra il target nelle economie sviluppate e ha persistentemente superato le previsioni delle banche centrali. Questo limita la loro libertà di manovra. Al contrario, negli Stati Uniti e in Europa l’inflazione core era bassa prima del crollo di Lehman Brothers nel 2008 e ha continuato a essere in calo per decenni. In secondo luogo, il sistema finanziario aveva allora un’enorme esposizione al settore immobiliare. In un certo senso, l’esposizione delle banche britanniche al settore immobiliare era superiore al 100% dei loro depositi. Infine, naturalmente, abbiamo avuto la crisi finanziaria globale e la regolamentazione finanziaria si è notevolmente rafforzata.

 

Gli eventi recenti hanno inasprito le condizioni di credito in un mondo in cui stavano già diventando più restrittive. Il grafico mostra che le banche negli Stati Uniti e in Europa stavano inasprendo gli standard di prestito alle imprese ben prima dell’ultima crisi. Nel caso dei prestiti alle piccole imprese negli Stati Uniti, il ritmo del cambiamento si è avvicinato a quello registrato durante la crisi finanziaria mondiale. Questi dati si riferiscono a gennaio: per un aggiornamento dovremo aspettare il mese prossimo e sicuramente assisteremo a un ulteriore inasprimento.

 

Le banche stanno già restringendo gli standard di prestito, soprattutto negli Stati Uniti

 

Immagine che contiene grafico  Descrizione generata automaticamente

 

 

La Federal Reserve (Fed) invertirà quindi la rotta, scegliendo di non alzare i tassi questa settimana per poi iniziare a tagliarli aggressivamente? La Fed si rivelerà riluttante nel tagliare i tassi con un mercato del lavoro ancora così rigido e un’inflazione così alta. Tagliare i tassi troppo presto è stato un errore che i policymakers credono di aver commesso in periodi di inflazione passati. Hanno poi dovuto invertire la rotta e il risultato è stato una recessione più profonda rispetto a quella che si sarebbe verificata se avessero mantenuto i nervi saldi. Pertanto, la loro tendenza potrebbe essere quella di fornire assistenza al sistema finanziario, ma di non tagliare i tassi di interesse troppo presto.

 

Tuttavia, vi sono segnali che indicano che le pressioni inflazionistiche sottostanti si stanno attenuando negli Stati Uniti. L’Atlanta wage tracker, autorevole indicatore del livello salariale, pubblicato pochi giorni fa, ha mostrato un’importante inversione di tendenza. In particolare, la crescita dei salari di chi ha cambiato lavoro nell’ultimo anno è diminuita drasticamente rispetto a coloro che sono rimasti fermi. Una delle principali fonti di pressione al rialzo dei salari si è quindi attenuata. Ciò fa seguito alla modesta crescita delle retribuzioni evidenziata nel recente rapporto sull’occupazione. Inoltre, l’indice dei prezzi alla produzione degli Stati Uniti ha subito un significativo rallentamento, con segnali di un’ulteriore compressione dei margini aziendali. Questo indice è molto più ampio di quanto non fosse in passato, e di quanto non sia in altri paesi. Fornisce inoltre una buona misura dell’inflazione generalizzata nell’economia statunitense.

 

Il pezzo mancante nel puzzle per quanto riguarda il calo dell’inflazione statunitense è sempre il mercato del lavoro, che rimane straordinariamente rigido. Esiste un legame tra l’inasprimento delle condizioni di credito e l’occupazione negli Stati Uniti. Il ritardo è lungo e variabile, ma la Federal Reserve sarà attenta a questo aspetto.

 

Penso quindi che siamo vicini al picco dei tassi d’interesse statunitensi e che assisteremo, probabilmente, a un calo significativo entro la fine dell’anno.

 

La situazione in Europa è molto diversa. I problemi di Credit Suisse non sembrano trovare riscontro in altre banche europee. Certo, l’azzeramento delle obbligazioni di Credit Suisse è stato uno shock e renderà più costoso per le banche raccogliere ulteriori capitali. Gli standard di prestito si inaspriranno ulteriormente, ma il calo dei prezzi dell’energia è una delle principali fonti di miglioramento della fiducia dei consumatori e delle imprese in Europa. Le finanze di entrambi i settori sono solide. La Banca Centrale Europea ha fatto bene a procedere con un aumento dei tassi di 50 punti base la scorsa settimana. L’inflazione core in Europa è in aumento e le pressioni salariali sono forti. È molto probabile che i tassi d’interesse europei finiscano l’anno al di sopra di quelli statunitensi.

 

La Banca d’Inghilterra potrebbe essere sollevata dal fatto che non sono le banche britanniche a fare notizia. Il calo dei prezzi dell’energia implica come l’inflazione nel Regno Unito sia destinata a scendere e i timori di recessione si sono ora allontanati. Il recente Budget (la legge di lancio britannica) si è aggiunto a queste tendenze. Le pressioni salariali si sono già attenuate e i venti contrari derivanti dall’aumento dei tassi ipotecari sono forti. Quindi la BoE potrebbe procedere con un altro rialzo dei tassi, ma solo di 25 punti base. In ogni caso, a mio avviso, siamo vicini al picco dei tassi d’interesse nel Regno Unito.

 

Cosa significa tutto questo per i mercati? In primo luogo, i titoli di Stato appaiono interessanti. Nonostante le turbolenze, i TIPS statunitensi, l’equivalente americano dei gilt indicizzati, rendono attualmente l’1,2%. Si tratta di un rendimento reale superiore all’inflazione statunitense e appare piuttosto incoraggiante per il miglior credito al mondo durante una crisi. In secondo luogo, potremmo assistere a un indebolimento del dollaro a causa dell’andamento divergente dei tassi di interesse. Non è il solito schema a cui si assiste in un contesto di crisi. In terzo luogo, le azioni sembrano un po’ care. Potrebbero rappresentare una grande opportunità di acquisto a un certo punto, ma probabilmente non ancora.

 

 

 

Diana Avendaño Grassini

 

BC Communication

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