da Intermonte – Italian Mid Small Caps Monthly Report_Febbraio 2023

Buongiorno,

 

inviamo di seguito e in allegato il report mensile sull’andamento del segmento italiano delle mid-small cap realizzato da Intermonte per il mese di febbraio.

Di seguito una sintesi delle principali evidenze emerse: l’inizio del 2023 ha visto un rialzo più forte del previsto dei mercati azionari, in particolare di quello italiano. In questo contesto, le mid/small cap sono cresciute meno delle large cap, ma gli analisti di Intermonte ritengono che l’interesse degli investitori istituzionali per questa asset class stia tornando, soprattutto alla luce dell’aspettativa che i titoli growth comincino a sovraperformare nel secondo semestre del 2023.

Grafici e tabelle relativi al Report sono riportati nel PDF in allegato.

Rimaniamo a disposizione per ulteriori informazioni.   

Un caro saluto,                                      
Giulia Franzoni

M. +39 334 3337 756

 

Report mensile sulle Mid Small Cap italiane

Per sostenere il rally dei mercati serve l’annuncio di buoni risultati

A cura del Team di Ricerca di Intermonte

 

  • Performance (=/-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 15 febbraio 2023) è cresciuto del 6,7% nell’ultimo mese e del 15,8% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid Cap (+6,6%) ha sottoperformato l’indice principale di appena lo 0,2% nell’ultimo mese (-2,1% YtD su base relativa), mentre l’indice FTSE Italy Small Cap (+3,8%) ha registrato una performance peggiore del 2,9% rispetto al mercato nell’ultimo mese e del 6,4% su base relativa dall’inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è cresciuto del 3,3% nell’ultimo mese, sottoperformando le mid cap italiane.
  • Stime (+). Dall’inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +2,4% delle nostre stime sugli EPS per il 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+1,6%) sugli EPS per il 2024. Concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 del 2,7%. Queste modifiche sono state quasi interamente attuate nel corso dell’ultimo mese, quando abbiamo alzato del 2,6% le previsioni sugli EPS per il 2023 e il 2024 per la nostra copertura mid/small cap. Le nostre nuove stime sono coerenti con uno scenario macro leggermente migliorato.
  • Valutazioni (+). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un re-rating del 13,8% su base annua (la stessa misura un mese fa era pari all’8,9%); le mid cap si sono rivalutate del 10,8%, mentre le small cap dell’8,7%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 39% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%), ma al di sotto del livello di un mese fa (41%).
  • Liquidità (+). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità per le large caps nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è al di sotto della media annuale, risultando inferiore del 7,5% rispetto alla media a un anno, in miglioramento rispetto a un mese fa, quando la stessa metrica mostrava un calo del -27%. La liquidità per le mid cap ha mostrato una contrazione più contenuta rispetto a un mese fa, con un calo del -16,7%, mentre per le small cap lo stesso parametro è diminuito dell’8,7%.
  • Strategia di investimento. L’inizio del 2023 ha visto un rialzo più forte del previsto dei mercati azionari, in particolare di quello italiano. In questo contesto, le mid/small cap sono cresciute meno delle large cap. Tuttavia, la nostra impressione è che l’interesse degli investitori istituzionali per questa asset class stia tornando, soprattutto alla luce dell’aspettativa che i titoli growth comincino a sovraperformare nel secondo semestre del 2023. La situazione politica italiana sembra essere molto chiara, soprattutto dopo le recenti elezioni regionali, e il governo dovrebbe avere davanti a sé mesi relativamente tranquilli. Questo fattore potrebbe favorire il ritorno dell’interesse degli investitori stranieri per le mid/small cap italiane di qualità. Ad oggi, si intravvede anche una discreta serie di possibili IPO sul mercato italiano, che potrebbe rappresentare un altro fattore positivo. Nel breve termine, riteniamo che la performance del mercato azionario, dopo l’eccellente rally recente, abbia bisogno del supporto di una stagione dei risultati forte e convincente.

I deflussi di PIR sono proseguiti nell’ultimo trimestre 2022

Nella sua revisione trimestrale del 29 novembre 2022, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 3Q22. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 330,3 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 14,5 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 16,5 miliardi di euro, mentre 1,4 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale è ulteriormente peggiorata su base sequenziale rispetto al 2° trimestre del 2022 e al 1° trimestre del 2022, quando il dato era stato rispettivamente di 96 milioni e 160 milioni di euro. Il saldo totale YtD si attesta quindi a 366 milioni di euro, mentre gli AuM si sono attestati a 16,5 miliardi di euro, in calo rispetto ai 17,5 miliardi di euro di fine giugno, a causa sia dei deflussi che dell’andamento del mercato.

Secondo l’Osservatorio PIR, i deflussi sono proseguiti in ottobre con -92,1 milioni di euro, in novembre con -102 milioni di euro e in dicembre con -92,3 milioni di euro, che corrispondono a 286,4 milioni di euro di deflussi nel quarto trimestre del 2022.

 

Per quanto riguarda i PIR alternativi, la raccolta nel 3Q22 è stata di 14,5 milioni di euro, in calo rispetto al 2Q22 (153 milioni di euro) e al 1Q22 (83 milioni di euro), con il dato YtD a 251mln di euro e AuM stabili a 1,44 mld di euro (stesso dato di fine giugno).

Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

 

Le nostre stime per i PIR ordinari

In attesa dei dati ufficiali di Assogestioni sul quarto trimestre ‘22, adeguiamo il nostro dato sul 2022 per tenere conto dei deflussi trimestrali, come riportato dall’Osservatorio PIR de Il Sole 24 Ore. Notiamo che la visibilità sulle stime future rimane bassa, ma confermiamo la nostra visione più ottimista sul 2023 rispetto al 2022 per due motivi principali: 1) le performance di mercato sono state particolarmente buone all’inizio dell’anno e questo potrebbe spingere gli investitori retail a riprendere gli investimenti azionari in prodotti come i PIR; 2) gran parte dei deflussi nel 2022 potrebbero essere stati causati dalla scadenza del periodo di 5 anni a partire dal 2017, un anno caratterizzato da un boom di afflussi e da buone performance di mercato delle small/mid cap, il che significa che molti investitori entrati nei prodotti PIR nel 2017 potrebbero aver scelto di trarre profitto nel 2022 alla scadenza della finestra per i benefici fiscali.

Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

 

Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

  • Per il 2022, stiamo adeguando gli afflussi ai dati dell’Osservatorio PIR, pari a 637 milioni di euro; per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda da nuovi sottoscrittori PIR pari a 500 milioni di euro;
  • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
  • Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) sarà pari al ~3,5% degli Assets under Management nel 2023 e oltre.

INTERMONTE

Intermonte è una Investment bank indipendente leader in Italia e punto di riferimento per gli investitori istituzionali italiani e internazionali nel segmento delle mid & small caps. Quotata sul mercato Euronext Growth Milan di Borsa Italiana, presenta un modello di business diversificato su quattro linee di attività, “Investment Banking”, “Sales & Trading”, Global Markets” e “Digital Division & Advisory”. L’Investment Banking offre servizi rivolti a imprese quotate e non quotate in operazioni straordinarie, incluse operazioni di Equity Capital Markets, M&A e Debt Capital Markets. Le divisioni Sales & Trading e Global Markets supportano le decisioni di oltre 650 investitori istituzionali italiani ed esteri grazie a una ricerca di alto standing di più di 50 operatori professionali specializzati nelle varie asset class, azioni, obbligazioni, derivati, ETF, valute e commodities. L’ufficio studi figura costantemente ai vertici delle classifiche internazionali per qualità della ricerca e offre la più ampia copertura del mercato azionario italiano sulla base di un’elevata specializzazione settoriale. La divisione “Digital Division & Advisory” è attiva nel risparmio gestito e consulenza agli investimenti. Websim è specializzata in produzione di contenuti finanziari destinati a investitori retail. T.I.E. – The Intermonte Eye – è l’area riservata a consulenti finanziari e private banker.

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