LA SETTIMANA DEI MERCATI (13 – 17 febbraio 2023) – Il commento di Mark Dowding, CIO di BlueBay

La settimana dei mercati – Mark Dowding, BlueBay CIO, RBC BlueBay AM

È stata una settimana ricca di sorprese per la politica britannica

 

Punti chiave

  • Recessione? Quale recessione? I dati macro suggeriscono che l’economia sta guadagnando slancio, anziché perderlo
  • I tassi dovranno rimanere più alti a lungo per avvicinarsi all’obiettivo della Fed di un’inflazione al 2%
  • I mercati azionari globali hanno confermato i loro guadagni grazie ai dati macro e agli utili
  • Stiamo entrando in un periodo di calma sul calendario economico, in cui gli asset di rischio possono essere vulnerabili

 

(13 – 17 febbraio 2023) I rendimenti governativi hanno continuato a salire durante la scorsa settimana, mentre i solidi dati economici hanno continuato ad alimentare una nuova valutazione delle aspettative sui tassi statunitensi. Il CPI core statunitense è sceso leggermente al 5,6% a gennaio. Tuttavia, la tendenza di fondo dei prezzi rimane ben al di sopra dell’obiettivo della Federal Reserve (Fed) e, sebbene sia probabile un’ulteriore moderazione nei mesi a venire, cresce la sensazione che i tassi dovranno rimanere più alti, più a lungo, per ripristinare la stabilità dei prezzi.

Nel frattempo, i robusti dati sulle vendite al dettaglio, che fanno seguito a un solido rapporto sul mercato del lavoro, sembrano suggerire che l’economia stia guadagnando slancio, anziché perderlo, nonostante la stretta monetaria degli ultimi 11 mesi. Questa insolita performance potrebbe in parte riflettere una combinazione di clima mite, riapertura della Cina, forte mercato del lavoro e recente allentamento delle condizioni finanziarie. Tuttavia, con i tassi che sono cresciuti di 450pb nell’ultimo anno e la policy che agisce con un impatto ritardato, sembra ragionevole pensare che il ritmo dell’attività economica si modererà nei prossimi mesi.

Vale comunque la pena notare che i tassi d’interesse reali rimangono ancora in territorio negativo, con il tasso dei Fund ancora inferiore dell’1% al livello prevalente dell’inflazione core. Inoltre, è importante notare che i mutuatari statunitensi sono stati ampiamente isolati dall’aumento dei tassi negli Stati Uniti, grazie alla natura a termine del mercato dei mutui statunitensi.

Inoltre, alcuni commentatori hanno sottolineato il fatto che, poiché molti asset finanziari si trovano nei bilanci delle Banche Centrali o presso investitori nei mercati privati, la mancata valutazione del mercato degli asset ha isolato i proprietari dalle perdite e ha fatto sì che il peso dell’aumento dei tassi non si sia (ancora) fatto sentire.

 

Di conseguenza, alcuni hanno sostenuto che il picco dei tassi USA potrebbe essere più alto di quanto scontato. In questo contesto, poiché le speranze di un “atterraggio morbido” dell’economia a gennaio hanno lasciato il posto a prospettive di “non atterraggio”, un tasso dei Fund del 6% è uno scenario plausibile, anche se non è la nostra ipotesi centrale.

 

Inoltre, le speranze di un taglio anticipato dei tassi nel 2023 sono state rinviate al 2024, in quanto il mercato si sta rivalutando in considerazione della visione del mondo della Fed. Da questo punto di vista, il SOFR a tre mesi di dicembre prezza ora i tassi al 5% rispetto al 4,5% di inizio anno, con la curva dei rendimenti che si muove in modo direzionale, invertendosi al crescere dei rendimenti.

Sulla scia della recente azione dei prezzi, riteniamo di essere più vicini al fair value in termini di prezzi di mercato per la Fed nel 2023. Tuttavia, sono ora scontati fino a 150 punti base di tagli dei tassi a partire dal loro picco, fino alla fine del 2024, e riteniamo che questo livello di allentamento monetario sia ancora in discussione. Intrinsecamente, esiste una convinzione radicata nei mercati che alla fine l’inflazione tornerà al 2%, il che significa che i tassi di interesse torneranno ai livelli visti nell’ultimo decennio.

 

Riteniamo però che questa idea convenzionale sia tuttora suscettibile di discussione. L’inflazione potrebbe rimanere bloccata a un livello più elevato per un periodo di tempo prolungato, a causa di un’inversione di tendenza dei fattori strutturali che hanno guidato la disinflazione negli ultimi 20 anni e che si sono invertiti sulla scia della pandemia. Se così fosse, ci chiederemmo se gli asset di rischio possano sostenere le loro valutazioni alla luce di un tasso di sconto a lungo termine materialmente più elevato applicato ai cashflow futuri. Sarà il tempo a dirlo.

 

Tuttavia, ciò che sembra chiaro è che una parte della “certezza” che ha portato gli investitori all’inizio dell’anno a concludere che i timori per l’inflazione erano passate e che la politica monetaria non era più oggetto di preoccupazione, è stata sostituita da una maggiore incertezza, alla luce dei dati economici in arrivo.

Nell’ultima settimana i rendimenti europei hanno seguito l’andamento dei Treasury, con i tassi a 10 anni che sono tornati vicini ai livelli di inizio anno. Con le prospettive di crescita che continuano a essere riviste al rialzo, riteniamo che la BCE manterrà per il momento un atteggiamento da falco e abbiamo mantenuto una posizione corta rispetto alla duration. Finora i rendimenti più elevati non hanno alimentato un allargamento degli spread nella periferia, a causa dei timori legati alla sostenibilità del debito fiscale.

Temiamo comunque che se i rendimenti decennali italiani dovessero iniziare ad avvicinarsi al 5%, ciò potrebbe rappresentare una nuova fonte di incertezza. La nostra sensazione è che molti investitori abbiano adottato una posizione corta sui BTP alla fine dell’anno scorso e che queste posizioni siano state interrotte a gennaio, quando i rendimenti sono scesi e gli spread si sono ristretti. Ma l’esperienza passata ci ricorda che quando i cicli di politica monetaria prevedono un significativo inasprimento, è inevitabile che questo metta in luce una debolezza di fondo.

 

Da questo punto di vista, il debito pubblico italiano è del tutto sostenibile in un mondo in cui il Tesoro deve affrontare un costo di finanziamento del 2%. Lo stesso non si potrebbe dire se i costi medi di finanziamento dovessero più che raddoppiare. Un risultato del genere richiederebbe probabilmente un elevato grado di restrizione fiscale, al fine di ottenere un sostanziale avanzo primario di bilancio per stabilizzare il rapporto debito/PIL.

Nel Regno Unito, un CPI moderato ha alimentato le speranze che la Bank of England (BoE) possa mantenere i tassi al 4% nella riunione di marzo. Riteniamo che i policymaker britannici siano molto cauti nell’evitare di compromettere il mercato immobiliare del Regno Unito e quindi preferirebbero non vedere i tassi salire. A differenza delle economie degli Stati Uniti e dell’Eurozona, la sensibilità dell’economia all’aumento dei tassi d’interesse, a causa dei mutui a tasso variabile, rende la vita difficile alla BoE, che cerca di riportare l’inflazione, attualmente a due cifre, verso il target.

 

In questo contesto, continuiamo a pensare che la politica monetaria rimarrà più accomodante di quanto la BoE vorrebbe che fosse, il che implica una prospettiva di inflazione che potrebbe essere più elevata per un periodo più lungo rispetto a quanto accade altrove. Alla luce di ciò, riteniamo che la sterlina si indebolirà nel medio termine e quindi manteniamo una posizione corta.

Sui mercati del credito, la scorsa settimana ha fatto notizia una nuova emissione da 24 miliardi di dollari da parte di Amgen. L’operazione ha registrato una domanda robusta e, in generale, si è notato che gli spread creditizi sono riusciti a mantenersi in linea con il restringimento degli spread registrato a gennaio, nonostante un sostanziale riprezzamento delle aspettative sui tassi nelle ultime settimane.

Anche i titoli azionari hanno mantenuto i loro guadagni per il momento, con un miglioramento delle prospettive di crescita e degli utili che ha prevalso sui timori di un aumento dei tassi di interesse. In definitiva, sembra che fino a quando i mercati crederanno pienamente che l’inflazione si normalizzerà al 2% e che i tassi d’interesse torneranno a livelli appena superiori, allora questo potrà sostenere gli asset di rischio.

Tuttavia, a un multiplo di 28x, sembra che un indice come il Nasdaq richieda sia una rapida crescita degli utili sia un ritorno a rendimenti obbligazionari più bassi per offrire un grande potenziale di rialzo. In questo contesto, continuiamo a pensare che, se uno dei due risultati non si concretizzasse, per l’azionario i rischi potrebbero essere schiacciati verso il basso.

Nel frattempo, il percorso di rialzo dei tassi USA ha contribuito a risollevare il dollaro, dopo un calo del 10% nei quattro mesi precedenti. Il biglietto verde ha recuperato le perdite subite a gennaio e ora si aggira sui livelli visti alla fine del 2022. Non abbiamo una forte visione direzionale sul dollaro in questo momento, ma abbiamo preferito incrementare le posizioni lunghe sullo yen in seguito alla recente debolezza, mentre abbiamo mantenuto la conviction rispetto a una posizione corta sulla sterlina.

Nei mercati emergenti abbiamo chiuso una posizione corta sui tassi polacchi dopo che i rendimenti sono saliti nell’ultimo mese, ma altrove abbiamo apportato relativamente pochi aggiustamenti alla nostra strategia nell’ultima settimana.

Guardando al futuro

 

Il calendario economico sarà più tranquillo nelle prossime due settimane e potremmo assistere a un consolidamento dopo i recenti movimenti di mercato, in assenza di nuovi catalizzatori provenienti dai dati economici o dalla politica delle banche centrali. In questo contesto, il posizionamento netto non sembra particolarmente corto per ora e ciò potrebbe suggerire che i rendimenti potrebbero continuare a salire nella seconda metà del mese, se l’attività economica dovesse continuare a rimbalzare.

 

Da questo punto di vista, si è registrato un forte aumento dell’Economic Surprise Index statunitense, che ha raggiunto il livello più alto degli ultimi otto mesi. Ciò potrebbe far pensare che siano possibili ulteriori revisioni positive delle previsioni. Nel frattempo, siamo scettici sul fatto che gli spread possano salire ancora di molto e siamo propensi a credere che gli asset di rischio possano essere vulnerabili al riprezzamento in caso di cattive notizie.

 

 

RBC BlueBay Asset Management, parte di RBC Global Asset Management (la divisione di asset management di Royal Bank of Canada), offre servizi e soluzioni di gestione degli investimenti a livello globale nelle aree EMEA e APAC. Caratterizzati da una forte esperienza negli investimenti azionari attivi e da una piattaforma di investimenti obbligazionari (BlueBay), disponiamo delle dimensioni e della capacità necessarie per generare risultati che soddisfino gli obiettivi degli investitori, compreso quello di integrare i fattori ESG in tutte le strategie di investimento.

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Mark Dowding, BlueBay CIO, RBC BlueBay Asset Management

Mark Dowding, con oltre 25 anni di esperienza nel mondo degli investimenti, è in BlueBay dal 2010. In precedenza è stato Head of Fixed Income per l’Europa in Deutsche Asset Management, ruolo che aveva già ricoperto in Invesco. Ha iniziato la sua carriera come gestore obbligazionario in Morgan Grenfell nel 1993, dopo la laurea in Economia all’Università di Warwick.

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