LA SETTIMANA DEI MERCATI (6 – 10 febbraio 2023) – Il commento di Mark Dowding, CIO di BlueBay

La settimana dei mercati – Mark Dowding, BlueBay CIO, RBC BlueBay AM

Ciò che sale deve scendere

Ci sarà un atterraggio soft, un atterraggio duro o nessun atterraggio per l’economia?

 

 

(6 – 10 febbraio 2023) La scorsa settimana i rendimenti globali sono cresciuti sulla scia del rapporto eccezionalmente solido sui posti di lavoro negli Stati Uniti. I dati sulle buste paga possono essere incostanti, a questo si aggiunge che, quest’anno, il mese di gennaio è stato favorito da un clima mite. Tuttavia, con i dati sull’occupazione rivisti al rialzo, il quadro generale del mercato del lavoro statunitense rimane solido, nonostante si segnali una crescente perdita di posti di lavoro in alcuni settori.

 

Viaggiando negli Stati Uniti nell’ultima settimana, sembrano esserci ancora molti segnali di ricerca di personale. Recenti stime hanno evidenziato che le aziende che sono risultate perdenti durante la pandemia Covid hanno ancora quasi quattro milioni di posti di lavoro in meno rispetto al trend pre-pandemia, mentre quelle che sono risultate relativamente vincenti sembrano avere quasi un milione di dipendenti in più rispetto al trend precedente.

 

Potremmo anche vedere i lavoratori del settore tecnologico accettare posti di lavoro nelle filiali di Chipotle, ma in ogni caso non c’è molto, in questo momento, che indichi un rallentamento dell’attività economica se ci si concentra sulle dinamiche del mercato del lavoro.

 

In altri settori dell’economia statunitense, sensibili ai tassi d’interesse, si è registrato un rallentamento sostanziale. Tuttavia, prendendo ad esempio l’edilizia residenziale, il fatto che negli ultimi anni non si sia costruito in modo eccessivo significa che le scorte sono scarse e, di conseguenza, è difficile prevedere che questo rappresenti un freno davvero sostanziale all’attività economica complessiva.

 

Inoltre, mentre la Fed valuta la situazione, ci sembra che non ci sia granché che la spinga ad allontanarsi dalla recente strategia e che i mercati abbiano scontato un taglio anticipato dei tassi non appena hanno raggiunto il picco, per cui potrebbe esserci spazio per un’ulteriore ridefinizione dei prezzi, man mano che le aspettative del mercato, che si erano discostate dalla visione della Federal Reserve, si riallineeranno ad essa.

 

A gennaio sembrava che i mercati finanziari operassero con una mentalità goldilocks, alla ricerca di un atterraggio morbido per l’economia, che potrebbe rappresentare un vantaggio per i prezzi degli asset. Sebbene tutto questo sia possibile, nella nostra valutazione ci sono anche altri scenari.

 

In questo contesto, le speranze di un atterraggio morbido di qualche settimana fa sembrano essere sostituite dalla preoccupazione che non ci sia alcun atterraggio a febbraio, con una crescita che per il momento non rallenta, il che fa pensare a un percorso più da falco per i tassi di interesse. Tuttavia, i dati economici saranno la chiave per chiudere questo dibattito e, al riguardo, l’attenzione si sposterà ora sul cruciale rapporto del CPI statunitense della prossima settimana.

 

Dopo i dati favorevoli sull’inflazione del mese scorso, riteniamo che, nei prossimi due mesi, i dati in arrivo possano essere un po’ più solidi. Il tasso annuo si abbasserà, ma forse non così rapidamente come alcuni sperano. Detto questo, la volatilità intorno ai singoli dati rimane notevole e la Fed e il mercato dipendono proprio da essi.

 

I rendimenti dei Treasury rimangono più alti rispetto all’inizio dell’anno e riteniamo che una curva dei rendimenti profondamente invertita abbia senso solo quando sarà chiaro che l’attività economica sta rallentando in risposta a una politica più restrittiva. Continuiamo a mantenere una posizione short, ma se i rendimenti dovessero tornare ai livelli dello scorso dicembre, saremmo propensi ad attenuare il rischio.  

 

Nel frattempo, i mercati europei hanno registrato un andamento simile a quello degli Stati Uniti. La scorsa settimana la Bce ha mantenuto un atteggiamento da falco e sembra che il rischio per i tassi d’interesse rimanga inclinato verso l’alto. La forte offerta, inoltre, è destinata a rimanere una caratteristica costante, che a nostro avviso pesa sui rendimenti obbligazionari – di conseguenza, preferiamo una duration breve.

 

È stata una settimana importante anche in Scandinavia, con la Riksbank e la Banca Centrale Islandese che hanno espresso un giudizio da falco nelle rispettive riunioni. Afflitte da una serie di brutti dati sull’inflazione, entrambe le banche centrali sono state sottoposte a pressioni per ripristinare la fiducia del mercato dopo aver visto le rispettive valute crollare bruscamente negli ultimi mesi. Sebbene rimangano aperte diverse sfide, in particolare l’edilizia abitativa in Svezia e la potenziale spirale dei prezzi salariali in Islanda, riteniamo che le azioni incisive di questa settimana dovrebbero limitare, per il momento, qualsiasi ulteriore ribasso nello spazio del mercato valutario scandinavo.

 

In Giappone, l’accademico ed ex membro del Board della Bank of Japan, Ueda, sarà nominato nuovo Governatore, dopo che il favorito Amamiya ha rifiutato la posizione. Spesso il mercato si fissa sul fatto che si tratti di una mossa colomba o falco, perdendo di vista la direzione politica ed economica sottostante.

 

Tuttavia, i dati che mostrano una forte accelerazione dei salari al 4,8% a dicembre ricordano ancora una volta che saranno le condizioni economiche a costringere la BoJ ad agire, piuttosto che una personalità individuale o una pressione esterna proveniente dal mercato. Secondo voci aneddotiche, alcune grandi aziende potrebbero offrire ai lavoratori un aumento salariale a due cifre quest’anno e, secondo la nostra valutazione, riteniamo che la tornata di negoziazioni salariali di primavera, la cosiddetta Shuntō, potrebbe risultare più forte di quanto molti a Tokyo si aspettino.

 

In generale, sembra esserci ancora molta compiacenza sul modo in cui la politica monetaria ultra-accomodante può alimentare la pressione inflazionistica in Giappone e, da questo punto di vista, pensiamo che i rendimenti saliranno nei prossimi mesi.

 

Anche le prove di una rapida normalizzazione dell’attività in Cina possono contribuire a rafforzare la narrativa costruttiva sulla crescita nelle prossime settimane. Sarà interessante vedere se i consumatori cinesi si affretteranno a spendere i risparmi accumulati e se questo potrebbe avere un impatto inflazionistico, come è avvenuto altrove.

 

Anche i recenti stimoli di Pechino lasciano presagire un forte rimbalzo dell’attività, anche se continuiamo a ritenere che potrebbe attenuarsi nel corso del 2023, con l’economia sottostante ancora influenzata da fattori negativi strutturali.

 

Nell’ultima settimana i mercati del credito hanno subito un lieve ritracciamento, insieme ai mercati azionari, in risposta all’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato. A fine gennaio abbiamo ridotto l’esposizione direzionale sugli spread creditizi, privilegiando una politica di riduzione del rischio in caso di rialzo degli spread e di aggiunta di coperture tramite indici CDS.

 

La scorsa settimana abbiamo assistito a un’inversione di tendenza un po’ più sostanziale nel settore del FX, con il dollaro che è rimbalzato dai minimi recenti sulla scia di dati che hanno costretto a rivalutare la solidità di fondo dell’economia statunitense e la probabile traiettoria dei tassi a breve termine. 

 

In questo momento, non abbiamo una forte view direzionale sul dollaro, e le operazioni sul FX sono più di natura relativa. Rimaniamo ribassisti sulla sterlina, mentre manteniamo una posizione costruttiva sulla corona svedese e norvegese, che appaiono sostanzialmente sottovalutate su base relativa. 

 

Abbiamo ridotto la posizione lunga sull’Ungheria, mentre manteniamo una posizione lunga sullo yen giapponese rispetto al franco svizzero. Per il momento deteniamo poche posizioni sulle valute dei mercati emergenti, con una posizione corta sul peso filippino.

 

Guardando al futuro

Tutti gli occhi saranno puntati sui dati nella settimana a venire. Tenendo a mente ciò, continuiamo a osservare il comportamento dei mercati, che possono agire con una mentalità da gregge. In questo modo, è possibile che in un momento si gridi a un atterraggio morbido, in quello successivo a nessun atterraggio e poco dopo a un atterraggio duro. 

 

A nostro avviso, tutte le possibilità rimangono sul tavolo ed è meglio non farsi prendere dall’isteria ma piuttosto cercare opportunità per adottare una view contrarian se un particolare risultato viene valutato con troppa certezza.

 

I policymaker con cui parliamo sono altrettanto incerti sulla traiettoria dei dati, il che significa che la forward guidance ha un valore limitato in questo momento. Di conseguenza, tendiamo ad adottare un atteggiamento flessibile, pronto ad adattarsi alle informazioni in arrivo. 

 

Detto questo, in una settimana in cui gli Stati Uniti hanno abbattuto il pallone spia cinese, si può essere tentati di riflettere su quanto improvvisamente le cose possano tornare a terra in un attimo. Dopo tutto, ci hanno sempre insegnato che ciò che sale deve sempre scendere.

 

 

RBC BlueBay Asset Management, parte di RBC Global Asset Management (la divisione di asset management di Royal Bank of Canada), offre servizi e soluzioni di gestione degli investimenti a livello globale nelle aree EMEA e APAC. Caratterizzati da una forte esperienza negli investimenti azionari attivi e da una piattaforma di investimenti obbligazionari (BlueBay), disponiamo delle dimensioni e della capacità necessarie per generare risultati che soddisfino gli obiettivi degli investitori, compreso quello di integrare i fattori ESG in tutte le strategie di investimento.

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Mark Dowding, BlueBay CIO, RBC BlueBay Asset Management

Mark Dowding, con oltre 25 anni di esperienza nel mondo degli investimenti, è in BlueBay dal 2010. In precedenza è stato Head of Fixed Income per l’Europa in Deutsche Asset Management, ruolo che aveva già ricoperto in Invesco. Ha iniziato la sua carriera come gestore obbligazionario in Morgan Grenfell nel 1993, dopo la laurea in Economia all’Università di Warwick.

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