L’ADL del 26 gennaio 2023

L’Avvenire dei lavoratori

26 gennaio 2023 – e-Settimanale della più antica testata della sinistra italiana

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Organo della F.S.I.S., Centro socialista italiano all’estero, fondato nel 1894 / Direttore: Andrea Ermano

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IPSE DIXIT

 

Cieco è il mondo – «Occhio per occhio… e il mondo diventa cieco.

    Io e te siamo una sola cosa: non posso farti male senza ferirmi.

    Ci sono cose per cui sono disposto a morire, ma non ce ne è nessuna per cui sarei disposto ad uccidere.

    Per praticare la nonviolenza, bisogna essere intrepidi e avere un coraggio a tutta prova.

    Nessun uomo può essere attivamente non-violento e non ribellarsi contro l’ingiustizia dovunque essa si verifichi.» – Mahatma Gandhi

      

        

EDITORIALE

 

ANNO NUOVO

I soliti accordi

 

di Andrea Ermano

 

Lasciatecelo annunciare subito qui, in apertura dell’anno ancor nuovo di zecca, lasciateci dire che questo 2023 è iniziato con un passo avanti, non molto rilevante per il mondo, ma di notevole importanza per noi: l’attivazione del BLOG dell’ADL, costruito dall’ingegnera italiana Tiziana Stoto per l’agenzia neozelandese KOLORATO, che si occupa di digital design and publishing. E che ci ha voluto dare una mano di visibilità. Grande Grazie.

    Chi siamo “noi”?

    Noi siamo i ventriloqui del nostro Paese al di fuori del nostro Paese e anche un po’ fuori di senno. Siamo la voce di quelli espulsi dal tessuto socioeconomico nazionale familiare ecc., da sempre osteggiati o ignorati o dimenticati. Non manca mai uno pronto a dichiararci inesistenti.

    Ai ricchi e liberisti, agli staliniani, ai bombacciani e ai mussoliniani, e poi agli indifferenti appartenenti o non appartenenti alla “cupola partitocratica” o alla “casta dei giudici”: noi diciamo a questi e a tutte le loro fazioni, o guelfe, o ghibelline, noi diciamo che dietro alle loro tifoserie si occulta la differenza vera, la differenza che intercorre tra i pochi sovrastanti e i molti sottostanti.

    Perché c’è sì un problema di destra e sinistra. Certo. Ma, a guardare bene, c’è specialmente un problema di sovrastanti e sottostanti. Non per nulla i ricchi che ieri si dicevano di sinistra, cambiano oggi maglietta ma continuano a fare i milionari, e i milioni, in altre minestre ‘amminestrati’, rimanendo sempre a galla come l’olio.

    Dopodiché i loro media donano ai rubagalline la celebrità, soprattutto quando possano sbattere il “socialista” in prima pagina.

    Le loro opere di ‘misericordia’ sono sette: 1) Vendere armi a tutti i combattenti. 2) Invidiare la fama agli impiccati. 3) Sfregiare e spregiare gli offesi. 4) Bastonare gli umiliati. 5) Rubare l’unica mucca al contadino. 6) Arricchire i benestanti. 7) Sognare che per lor signori un altro cargo è possibile…

    Ma non sarà mica in questo contesto che noi vogliamo dirci socialisti con le mani pulite?!

    Noi, un gruppetto di migranti sottostanti superati, super-svaporati, ritardatari eterni, sconfitti traditi coperti di sterco dai sovrastanti. Ma…

    Ma appunto socialisti e con le mani pulite!

    Eccoci qua.

    Osteggiati ignorati deprecati… Eppure ci siamo ancora, ancora per oggi, ancora per un poco. E nessuno potrà mai prevedere quando finirà la rava e la fava delle quali cantavano Enzo Jannacci e Paolo Rossi ne I soliti accordi di trent’anni fa. Ricordate?

 

 

I soliti accordi. (Quali accordi?) I soliti.

Do maggiore, la maggiore, la minore,

Re minore, sol settima, re minore…

Do maggiore, la maggiore, re minore,

La minore, sol settima, si minore…

In mezzo alla strada (Cosa c’è?)

Son tre coi forconi (ah, vabbe’)

Ma i piccoli ladri li impiccano sempre

I grandi ladroni.

 

E pure, e tuttavia, e ciò nondimeno, e comunque sia eccoci ancora qua. Per dire e ribadire che la bandiera sventola ancora, e che i vecchi nobili ideali continuano ancora a possedere un loro senso preciso, quanto meno per questi quattro gatti dalla Nuova Zelanda alla Confederazione Elvetica, dagli Stati Uniti alla Francia all’America Latina e dall’Austria all’Australia, oltreché ovviamente dall’Italia all’Italia.

    Siamo i parenti poveri che vi tirano il campanello: ancora una volta per la prima volta ci siamo autoinvitati a parlare senza museruola, e anzi adesso c’è persino il BLOG.

 

* * *

 

Insomma, L’Avvenire dei lavoratori si conferma per quel che è sempre stato durante la sua storia lunga 126 anni – durante la quale ci siamo felicemente guadagnati persino la riconoscenza de L’Avanti! che venne ospitato dall’ADL ai tempi in cui fu soppresso in Italia dal regime (e pensare che il “duce” ne era stato direttore dal 1912 fino al voltafaccia interventista del 1914).

    Ciò premesso pro domo, dobbiamo entrare minimamente nel merito, aggiungendo due parole due sulla linea editoriale che intendiamo seguire. Come si sa, l’ADL è e resta l’organo della F.S.I.S., Centro socialista italiano all’estero, e quindi mantiene un orientamento ispirato alle idee di Giustizia e Libertà.

    Ma all’assemblea della nostra Cooperativa, tenutasi sabato scorso, abbiamo ragionato anche intorno alla Questione ambientale. Con la determinazione di contribuire, per quel poco che ci sarà dato, al vasto movimento collettivo per la fuoriuscita dalle energie fossili in vista di una riduzione progressiva delle emissioni atmosferiche di anidride carbonica (CO2), fino al loro azzeramento. Su ciò seguiamo l’ispirazione eco-sociale del nostro amico Marco Morosini.

    Le tradizionali energie alternative (eolica, solare e mareomotrice) si sono arricchite di una novità decisiva il 13 dicembre scorso, quando il Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America ha annunciato che la tecnologia della fusione nucleare ha raggiunto la capacità di generare più energia di quella utilizzata per produrne.

    A giudizio degli esperti, l’annuncio proveniente dagli USA contrassegna un punto di flesso nella storia. Esso prelude per esempio a una corposa apertura di credito in favore della nuova tecnica sperimentale, in grado di accelerarne la realizzazione su larga scala.

    La fusione nucleare, che è una fonte pulita e sicura, non va confusa con la fissione nucleare, utilizzata invece nelle centrali atomiche convenzionali, le quali producono scorie radioattive e presentano il rischio di incidenti tipo quello sovietico a Cernobyl nel 1986 o giapponese a Fukushima nel 2011.

    Però, bisogna essere ben consapevoli che il conseguimento dell’obiettivo predetto non presuppone “soltanto” una capacità tecnologica, per altro non completamente raggiunta, esso presuppone innanzitutto una grande, grandissima trasformazione sociale mondiale. Perché occorrerà, allo scopo, la cooperazione tra alleanze strategiche internazionali, ma anche tra le singole nazioni, e occorrerà altresì l’attivarsi della società civile globale, strutturata in un’infinità di associazioni, come pure la partecipazione di alcuni miliardi di persone sul pianeta in cui viviamo.

    In modo particolare, bisogna essere consapevoli della necessità, assolutamente imprescindibile, della pace. Questo, all’assemblea di sabato scorso, ci ha aiutato acutamente a contestualizzare Valentin Lustig, pittore e intellettuale di origine rumena che ci onoriamo di poter annoverare tra i nostri soci cooperatori.

 

Valentin Lustig, Susanna e gli altri

due vecchioni, (2002), particolare.

       

        

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

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SPIGOLATURE

 

Allarmi, I conformisti

 

di Renzo Balmelli

 

OBLIO. Nella prefazione di una vecchia edizione del romanzo di Alberto Moravia Il conformista (Bompiani, 1963) viene posto l’accento sulla biografia di un uomo, di un’epoca e di una società. A dispetto del tempo trascorso, l’eroe del racconto compendia in sé, oltre al conformismo, anche l’indifferenza per quanto gli accade attorno. Per giunta era pure fascista e ciò la dice lunga sul personaggio. Il quadro che se ne ricava è di un’attualità impressionante. Tra arabeschi semantici e contorsioni ideologiche, stiamo assistendo a un restyling del fascismo che in occasione del Giorno della Memoria appare in tutta la sua inquietante, feroce crudezza. In certi ambienti si tende a proporne una narrazione blanda, edulcorata, quasi salottiera, col pretesto che “dopotutto ha fatto anche cose buone”. Da mettersi le mani nei capelli. Nella sua amarezza, pienamente condivisibile, Liliana Segre sottolinea il pericolo dell’oblio, ritenendo che tra qualche anno di quei tragici eventi legati al male assoluto ci sarà solo una riga sui libri di storia. E poi – conclude rassegnata – non ci sarà neppure più quella. Ma finché l’ADL porterà avanti la sua missione, la Senatrice a vita può stare sicura che su queste colonne non daremo spazio al ‘moderno’ conformismo di una società inesistente, liquefatta e profondamente malata.

 

DISAFFEZIONE. Finisce male un anno al rombo dei cannoni. E inizia ancora peggio un anno nuovo – che ormai tanto nuovo più non è – se al rombo si sovrappone il tumulto assordante della guerra più stupida che ci sia. Stupida e criminale, dichiarata unilateralmente col solo intento di soddisfare le smanie della seconda (o forse anche prima) potenza nucleare del mondo. Ogni giorno ci svegliamo con l’oppressione al cuore: che altro farà il Cremlino per piegare l’Ucraina ai propri voleri? Sotto lo spettro del ricatto atomico, due eventi, due assalti alla democrazia, due fratture nella civile convivenza fra i popoli, ci appaiono carichi di tremendi presagi e non contribuiscono certo a migliorare lo stato d’animo. Dal golpe tentato a Brasilia come già a Capitol Hill, il modello Trump fa proseliti e trova nel clima di paura e di tensione il terreno ideale per saccheggiare le colonne portanti della democrazia utilizzando senza vergogna l’idolo delle false notizie e l’energia negativa dei social media in un modo o nell’altro imparentati con le forze reazionarie e retrograde. Mentre dilaga la confusione appare evidente una disaffezione per il modello democratico che va addirittura oltre gli sproloqui sovranisti e populisti. Davvero una brutta notizia per la democrazia sotto attacco.

 

DIVORZIO. Anni fa, quando a Londra le cose non andavano per il verso giusto, c’era sempre il capro espiatorio a disposizione. Negli ambienti dell’economia, della finanza e di una certa classe politica era facile dare da intendere all’opinione pubblica che la colpa era tutta dell’Europa, dell’Ue cui suoi lacci e le sue regole che ingessavano il Regno Unito. Il passaggio verso la Brexit, acclamato anche in Italia, appariva dunque tracciato e inevitabile. Svariati anni dopo che qualcosa sia cambiato Oltremanica e che l’addio a Bruxelles non sia stato la panacea di tutti i mali, lo si nota da molti indizi. Persino la seria e compassata Bbc con lo stile felpato che le è proprio, comincia a sospettare che sia proprio la Brexit il motivo dei segnali di crisi che allarmano larghe fette della popolazione. E c’è dell’altro. Per la prima volta dal referendum del 2016 anche i conservatori, che ne furono i più ardenti fautori, bocciano l’uscita dall’Ue. Ormai pure gli elettori più euroscettici pensano che la Brexit abbia portato più danni che benefici. La rivelazione, frutto di un sondaggio molto accurato, parla un linguaggio chiaro e mostra i risultati piuttosto eloquenti di un divorzio che a dispetto degli eurofobici rischia di costare caro.

   

      

POLITICA – Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

viltÀ

 

Siamo colpiti dalla crescita costante di quanto, in semplice italiano, si chiama viltà: la prevaricazione violenta della legge dei più forti nei confronti degli inermi. E non è un caso che essa trovi oggi il suo coronamento in un partito di maggioranza relativa che, pur guidando il governo della Repubblica, non rifiuta, talvolta sbandiera, le proprie radici fasciste.

 

di Gian Giacomo Migone

 

Sbagliamo quando ci limitiamo a chiamare violenti, atroci, persino sadici, atti che sono, anche e soprattutto, vili. Senza risalire al secolo scorso, sono state vili le bastonate di pacifisti inermi alla Diaz, le torture inflitte ad alcuni di essi a Bolzaneto, nel corso del G8 di Genova, da parte di forze di polizia e guardie carcerarie armate fino ai denti, in ossequio ad ordini superiori.

    Sono atti di viltà le violenze perpetrate da altri poliziotti nei confronti del fisico emaciato di Stefano Cucchi, di altri innumerevoli arrestati e disarmati, in condizioni analoghe, sotto la copertura omertosa della superiore gerarchia o, addirittura della popolazione circostante, come quella recentemente subite da Hasib Omerovic, intruso Rom invalido di Primavalle. Oltre che ripugnante, è vile il comportamento di guardie carcerarie e forze di polizia, in tenuta antisommossa, appositamente convocate, che hanno inflitto ai detenuti, invalidi compresi, una vera e propria mattanza punitiva nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. È vile il rifiuto generalizzato di carabinieri, polizia, finanza e guardie carcerarie di qualsiasi forma di identificabilità che li renda soggetti alle leggi dello Stato e anche dell’Unione Europea il cui tribunale tuttora denuncia l’inconsistenza della nostra legislazione in fatto di tortura. La passività colpevole anche dei più critici ha contribuito a indebolire le forze, minoritarie ma esistenti, democraticamente impegnate all’interno delle c.d. forze dell’ordine.

    Se tutto ciò è avvenuto con qualche imbarazzo, e sporadica contraddizione, sotto governi che si proclamavano democratici, questi atti dì viltà non solo non vengono contraddetti, ma rientrano nello stile insito nei primi atti legislativi del governo Meloni, fino ad ispirare livelli generali di politica interna ed estera. O, a contrariis,di vere e proprie occasioni mancate da parte di un governo che avrebbe potuto e dovuto tagliare le radici del proprio passato, non con abiure a mezza bocca, subito smentite da richiami nostalgici – La Russa docet – ma con atti di segno opposto. Questo governo avrebbe potuto rivendicare un’equa distribuzione europea degli oneri derivanti da migrazioni, destinate a durare nel tempo, in nome di una totale difesa della sacralità delle vite umane nel mare che ci circonda, ad esclusione delle pratiche effettuate da Frontex, a suo tempo ispirate da Marco Minniti – Matteo Renzi e Paolo Gentiloni consulibus – con patti scellerati tuttora vigenti con scafisti travestiti da guardie costiere libiche, condannati dalle competenti istanze delle Nazioni Unite. Invece, dopo qualche salvataggio, altre iniziative legislative contro i soccorritori Ong; ancora atti vili perché effettuati manu militari nei confronti di strutture di volontari, disperatamente impegnate in operazioni di salvataggio, materialmente inermi.

    Vile può anche essere un atto di non obbligata sottomissione alle ragioni e agli interessi del più forte. All’epoca della ratifica del trattato di Maastricht, il gruppo di Alleanza Nazionale, convergendo con quello di Rifondazione Comunista, vi si oppose – sbagliando, ad avviso di chi scrive, ma non è questo il punto, perché l’istituzione dell’euro costituiva un passo essenziale verso l’unità europea – in nome di una superiore sovranità politica europea, affrancata da orpelli statunitensi e finanziari. Un precedente prezioso che avrebbe potuto diversamente ispirare il governo di Giorgia Meloni, nel contesto della guerra ucraina e dei conseguenti rifornimenti energetici, di fatto impegnato a inseguire il ruolo che Gianni Baget Bozzo in altra epoca definiva di Bulgaria della Nato.

       

   

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

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economia

 

SOTTO IL VULCANO

 

Il mercato dei cambi valutari, il cosiddetto Foreign Exchange (FX), parte importante della bolla finanziaria e dei derivati, vive una crescente fibrillazione. Il rischio di una grave crisi è grande.

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all’economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

A lanciare l’allarme è la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea (Bri) nel suo recente “Triennual Survey”. Il mercato dei cambi valutari è caratterizzato da un’eccezionale volatilità, dovuta all’andamento dei tassi d’interesse, all’aumento dei prezzi delle materie prime, all’inflazione e alle tensioni geopolitiche.

    Il turnover nei mercati FX è, infatti, in forte rialzo a livello globale. Nell’aprile 2022 il fatturato è stato, in media, pari a 7.500 miliardi di dollari al giorno, un volume 30 volte superiore al pil globale giornaliero. Il 14% in più rispetto al 2019. Circa il 90% delle operazioni sono fatte con la valuta americana. L’euro – la seconda valuta più scambiata, anche in dollari – ha una quota del 31%, in forte calo rispetto al 39% del 2010. La valuta cinese è passata da meno dell’1% di venti anni fa a oltre il 7% di oggi.

    Si osservi che il predominio del dollaro nei mercati valutari globali è dovuto al fatto che solitamente due valute diverse non sono scambiate direttamente ma tramite il dollaro.

    Secondo la Bri, a rendere più difficile la gestione è la maggiore frammentazione del trading sui cambi perché si è passati a forme bilaterali di negoziazione elettronica. La Bri parla di uno spostamento da forme “visibili” ad altre più opache. È la stessa differenza tra i derivati finanziari gestiti su piattaforme riconosciute e gli otc, over the counter, anch’essi contratti bilaterali e tenuti fuori bilancio. Una delle principali fonti di vulnerabilità è l’indebitamento in dollari insito nei mercati valutari. A differenza della maggior parte dei derivati, quelli sulle valute comportano lo scambio di capitale e quindi danno luogo a obblighi di pagamento (debiti) pari all’intero importo del contratto.

    A metà del 2022 questo indebitamento in dollari ammontava globalmente a 85.000 miliardi. Essendo tenuto fuori bilancio, esso è perciò “mancante” nella contabilità dei bilanci. Se si aggiungono tutte le monete, i debiti arrivano a 97.000 miliardi di dollari, cioè pari al pil globale del 2021 e tre volte il commercio mondiale. Cifre enormi e preoccupanti.

    Per i soggetti non bancari fuori degli Usa, per esempio i fondi d’investimento, si stimano 26.000 miliardi di obblighi di pagamento tenuti fuori bilancio, il doppio del loro debito in dollari registrato in bilancio. Nel 2016 erano 17.000 miliardi. Le banche non statunitensi, quindi con un accesso limitato al credito della Federal Reserve, hanno circa 39.000 miliardi di tali obblighi fuori bilancio, rispetto a quelli registrati nei bilanci pari a 15.000. Sono più di 10 volte il loro capitale.

    Le operazioni sulle valute, quindi, creano obblighi di pagamento (debiti) in dollari a termine che non compaiono nei bilanci e mancano nelle statistiche sul debito. Gran parte di questo debito è a brevissimo termine. Di conseguenza le esigenze di rollover, cioè il processo di mantenere una posizione aperta oltre la sua scadenza, comporta una grande tensione rispetto alla reale disponibilità di finanziamenti in dollari.

    Lontano dagli occhi, afferma la Bri, non dovrebbe tuttavia significare lontano dalla mente. Il fatto che non si vedano non vuol dire che non esistano e che non possano provocare degli sconquassi. Durante la Grande Crisi Finanziaria del 2008 e durante le turbolenze del mercato di marzo 2020, sono stati necessari interventi straordinari della Fed per evitare il peggio. In tempi di crisi, le politiche volte a ripristinare il regolare flusso di dollari a breve termine nel sistema finanziario sono incerte, avvolte nella nebbia.

    La Bri afferma che ogni giorno dello scorso aprile, un terzo del fatturato FX, circa 2.200 miliardi di dollari, era a rischio. Un aumento del 16% in tre anni.

    Perciò, il rischio che una delle parti coinvolte in una negoziazione di valute non riesca a consegnare la valuta dovuta, può comportare perdite rilevanti per i partecipanti al mercato, a volte con conseguenze sistemiche.

    In passato ci sono stati persino casi di fallimento di alcuni attori coinvolti. In definitiva la Bri invita le banche centrali e i governi ad approntare con urgenza regole stringenti. Evidentemente ritiene che le parole e le danze degli sciamani della finanza non bastino. Ci sembra di stare seduti su un vulcano pronto a esplodere.

 

* * *

 

Intanto la Cina

è sempre più protagonista

 

Lo scorso anno si è concluso con la visita del presidente cinese Xi Jinping in Arabia Saudita, che ha avuto e avrà riverberi commerciali e politici. Riflettendoci su, ci pare che essa dimostri, ancora una volta, il malfunzionamento della strategia unipolare americana consistente nel tentare di isolare i potenziali sfidanti e avversari, con l’avallo di un’Europa miope.

 

In Arabia la Cina ha siglato importanti accordi di fornitura di petrolio e di gas.  E non solo.

    Negli incontri di Riyad ha rinforzato la partnership e la cooperazione con i Paesi del Golfo produttori di petrolio e con quelli della Lega Araba. Per questa ragione si è parlato di una visita storica.

    La prospettiva, naturalmente, è di far arrivare in queste regioni e nel Mediterraneo la nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative (Bri) con tutti i suoi progetti infrastrutturali, tecnologici e industriali.

    Cina e Arabia Saudita hanno firmato un memorandum per coordinare le iniziative economiche della succitata Bri con il programma saudita “Vision 2030” di sviluppo industriale e manifatturiero. Gli accordi prevedono la cooperazione nei settori spaziali, nucleari, missilistici, delle nuove energie come l’idrogeno, e delle grandi infrastrutture tra cui la costruzione di “Neom”, una città super moderna da 500 miliardi di dollari. 

    Tra i contratti firmati vi è quello con Huawei, il gigante delle telecomunicazioni, che, nonostante l’opposizione americana, ha già degli accordi per la rete 5G con quasi tutti i Paesi del Golfo.

    È, quindi, naturale che la Cina abbia proposto di utilizzare lo yuan nei pagamenti per le forniture di energia e più in generale per gli scambi commerciali. Per i prossimi anni la Cina avrà bisogno di importare, non solo dalla Russia, grandi quantità di petrolio e di gas. D’altra parte, il 72% del petrolio e il 44% del gas consumati in Cina sono importati.

    Nel 2021 il commercio tra Cina e Arabia Saudita è stato di 87,3 miliardi di dollari, con un aumento del 30% rispetto all’anno precedente. Di questi, 44 miliardi sono per il petrolio. Il 25% del petrolio saudita va verso la Cina. Si noti che nel 2021 l’Arabia Saudita era già il primo esportatore di petrolio in Cina, davanti alla Russia. 

    Del resto i rapporti economici con la Cina sono in crescita da tempo. Nel 2010 la China Railway Construction Corp. ha costruito una ferrovia di oltre 18 km per trasportare i pellegrini alla Mecca. Più recentemente è stato siglato un accordo di lungo termine sull’energia tra la Sinopec e l’Aramco, le rispettive compagnie petrolifere nazionali.

    In uno studio del Ministero degli esteri cinese China-Arab cooperation in the new era si propongono una cooperazione monetaria con le banche centrali della regione e l’uso delle monete nazionali nei pagamenti.

    Dell’utilizzo dello yuan si parla da anni. Nel 2018 i cinesi hanno introdotto contratti petroliferi in yuan nel tentativo di internazionalizzare la loro moneta. I sauditi considerano di includere contratti future denominati in yuan nei modelli di formazione del prezzo del petrolio dell’Aramco.

    La supremazia del dollaro rimane, ma fortemente indebolita. Esso è usato nell’80% del commercio mondiale del petrolio. Tutto il petrolio saudita è ancora commerciato in dollari. Nelle riserve monetarie di Riyad vi sono più di 120 miliardi di dollari in Treasury bond americani. Non di meno, è opportuno notare che, dall’inizio del 1990, le importazioni Usa di petrolio dall’Arabia Saudita si sono ridotte a un quarto. 

    Molti Paesi, anche alcuni tra gli alleati degli Usa, sono stati fortemente colpiti dal fatto che il sistema finanziario basato sul dollaro sia stato usato come arma di guerra nelle sanzioni contro la Russia, facendo venir meno la certezza di garanzia e di sicurezza.

    È ancora aperta, ma forse per poco, una window of opportunity, cioè la possibilità di riorganizzare l’intero sistema economico, monetario e commerciale globale su una base moderna e più equa.

    È necessario però, che gli Usa abbandonino la pretesa primazia unilaterale per preparare con le altre nazioni, a cominciare dai Paesi del Brics, un nuovo Accordo di Bretton Woods. Tale necessità ci sembra sempre più urgente. L’Europa potrebbe avere un ruolo centrale in tale iniziativa multilaterale. Lo ripetiamo da tempo: il ruolo dell’Europa non può essere ancillare rispetto agli Usa. Ha tutte le carte in regola per essere protagonista attivo nella realizzazione di un nuovo assetto, multipolare, del mondo.

    Altrimenti, le tensioni geoeconomiche e geopolitiche potrebbero acuirsi a tal punto da rendere possibile un conflitto catastrofico.

    

      

da >>> TERZO GIORNALE *)

https://www.terzogiornale.it/

 

IL Partito del lavoro? non MI

basta LA PAROLA, MA SI PUÒ FARE

 

ampi stralci dA una recente Intervista

di Paolo Andruccioli con sergio Cofferati

 

Il Pd sta affrontando un momento molto difficile della sua storia. Dopo la sconfitta elettorale e una crisi di consenso, che sembra non arrestarsi, in molti invocano un ripensamento e una riforma generali. Nel dibattito pre-congressuale, a proposito dell’idea di cambiare nome, è riemersa una proposta “carsica”: quella del Partito del lavoro (…)

    Cofferati – (…) Ci vuole una nuova idea di società, si tratta di mettere a fuoco i singoli capitoli, si tratta di ripensare una rappresentazione del mondo. Su questo la discussione deve essere profonda ed è fondamentale anche per chiarire la definizione del nome. Se si chiarisce quale idea di società si vuole scegliere, allora la scelta del nome sarà conseguente. Le due riflessioni devono marciare in contemporanea. Sarebbe sbagliato quindi isolarne una sola. (…)

    A favore dell’idea di un Partito del lavoro si schierano in ogni caso tutti coloro che vedono la crisi della sinistra legata all’abbandono delle trincee storiche della rappresentanza. In un mercato del lavoro così frammentato l’esigenza di rappresentare chi non ha diritti è ancora più forte del passato. Ma il partito deve arrivare laddove non arrivano neppure i sindacati? Non c’è il rischio di una “concorrenza”?

    Cofferati – A ognuno il suo mestiere. Non si tratta di concorrenza e sovrapposizioni tra partito e sindacato. (…) La legge 300 del 1970, lo Statuto dei lavoratori, è una legge magnifica, straordinaria; ma con le trasformazioni economiche e sociali che sono avvenute in questi anni, è evidente che oggi non copre tutto il lavoro. Diventa indispensabile e urgente quindi una nuova legge, che estenda a tutti lo Statuto dei diritti. Ed è al contempo necessaria e urgente una legge sulla rappresentanza. È noto che oggi siamo in presenza di innumerevoli finti contratti nazionali, contratti pirata, che vengono firmati per disperazione dagli interessati, spinti da organizzazioni sindacali inesistenti. Ci vuole una legge nazionale chiara che stabilisca chi rappresenta chi e come si riconoscono i contratti. Sindacato e partito non sono quindi in concorrenza. Al partito spetta battersi in parlamento per varare queste leggi. Al sindacato di farle vivere nella contrattazione, così com’è stato per lo Statuto dei lavoratori.

    Un’altra posizione in campo, quando si parla di ricostruzione di una sinistra, riguarda la difesa dell’ambiente. Una sinistra socialista nel XXI secolo, si afferma, non può non essere anche ecologista. In altri Paesi si stanno sviluppando teorie ed esperienze che si rifanno a Marx. È possibile pensare a un nuovo partito eco-socialista? E come si dovrebbe chiamare?

    Cofferati – (…) Quando si parla di lavoro si deve prima di tutto pensare alle condizioni ambientali dentro e fuori le aziende. Il tema ambientale – come vediamo anche dagli sconvolgimenti climatici – è centrale e lo sarà sempre di più. Non è possibile pensare a una crescita che prescinda dalla difesa dell’ambiente e dal rispetto della natura. (…) Ma le trasformazioni di questi anni, e l’allentamento dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, hanno messo a rischio l’ambiente e la sicurezza dei lavoratori. Lo vediamo con la tragica crescita degli incidenti e delle morti sui posti di lavoro. Un nuovo pensiero socialista e di sinistra deve saper tenere insieme i due piani.

    L’altra grande questione – che sembra però assente nel dibattito politico a sinistra – riguarda il boom delle diseguaglianze, i ricchi sempre più ricchi, i poveri che sono sempre di più. Che cosa possiamo dire su questo?

    Cofferati – La questione delle diseguaglianze è centrale, e la battaglia per la giustizia sociale deve tornare a far parte dei programmi della sinistra. Ma anche qui si tratta di chiarire i termini delle questioni più urgenti. Si tratta infatti, prima di tutto, di mettere in campo politiche che siano in grado di favorire la creazione di posti di lavoro. Un lavoro ovviamente che sia di qualità e ben remunerato. Ma il problema non si ferma alla creazione di lavoro di qualità. C’è chi non lavora. E non può farlo per ragioni diverse. Lo Stato deve allora farsi carico di queste persone. Occorre dare la possibilità di vivere a tutti e di poter affrontare anche i momenti di bisogno che possono capitare nella vita.

    (…) In Paesi come la Spagna o come il Brasile la sinistra è ridiventata forte anche per merito proprio dei partiti del lavoro. Si possono trarre insegnamenti da quelle esperienze?

    Cofferati – Ognuno ha la sua condizione, e la sua storia… Ma dalla Spagna, dal Brasile dove è tornato Lula dopo l’esperienza devastante del governo di destra, ci arrivano segnali molto precisi. Anche se non si possono fare paragoni o pensare di esportare le politiche che si realizzano in quei Paesi, è evidente che essi dimostrano la reale possibilità di realizzare scelte alternative a quelle dominanti. Anche se spesso appaiono come realtà molto lontane dalla nostra, quelle esperienze ci mandano un messaggio forte: si può fare.

(leggi tutto sul sito)

 

*) Terzo Giornale – La Fondazione per la critica sociale e un gruppo di amici giornalisti hanno aperto questo sito con aggiornamenti quotidiani (dal lunedì al venerdì) per fornire non un “primo” giornale su cui leggere le notizie, non un “secondo”, come si usa definire un organo di commenti e approfondimenti, ma un giornale “terzo” che intende offrire un orientamento improntato a una rigorosa selezione dei temi e degli argomenti, già “tagliata” in partenza nel senso di un socialismo ecologista. >>> vai al sito

       

                 

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.collettiva.it

 

Lo strano caso:

Facebook licenzia ma assume

 

Accordo sugli esuberi a Milano: scendono da 23 a 12, l’uscita sarà volontaria. Ma la società cerca anche 1.600 lavoratori nel mondo, di cui 20 in Italia

 

di Dario De Lucia

 

Facebook è stata la prima piattaforma a rispondere alla chiamata degli investitori e a dichiarare una crisi. Era il novembre 2022: il gigante digitale annunciava oltre 11 mila licenziamenti in tutto il mondo, pari al 13 per cento della forza lavoro complessiva. Da questi esuberi non era risparmiata la filiale italiana, ma ora abbiamo un (quasi) lieto fine.

    Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs di Milano, dopo lunghe trattative e negoziazioni, hanno annunciato il raggiungimento di un accordo sindacale che prevede la diminuzione dei licenziamenti da 23 a 12.

    “L’unico criterio di scelta per i licenziamenti sarà l’adesione all’uscita volontaria delle lavoratrici e dei lavoratori”, spiegano i sindacati: “Grazie all’intesa raggiunta, i dipendenti licenziati riceveranno un’indennità di licenziamento adeguata e un supporto per la ricerca di nuovi impieghi”.

    Filcams Cgil: siamo soddisfatti – “Il percorso per arrivare a quest’accordo è stato parecchio complicato”, spiega Roberto Brambilla, il funzionario Filcams Cgil Milano che si occupa della contrattazione per il settore delle piattaforme digitali: “Abbiamo siglato l’intesa con Facebook-Meta poco prima, davvero qualche minuto, di portare la vertenza a un tavolo in Regione Lombardia”.

    Brambilla non nasconde la sua soddisfazione: “Abbiamo dimezzato gli esuberi e l’unico criterio sarà l’adesione volontaria e l’accettazione dell’incentivo all’esodo, tutti gli altri rimarranno. Si tratta di lavoratori di alta specializzazione, che non dovrebbero avere difficoltà nella ricollocazione. Abbiamo ottenuto anche il supporto dell’agenzia per la ricerca di una nuova occupazione che durerà tre mesi”.

    Questo è il finale di una vicenda durata 75 giorni, conclude il funzionario Filcams, che “ci vede giocare il nostro ruolo come sindacato, rapportandoci con colossi dell’informazione digitale. Dovremmo sempre più interessarci a come gestire le big tech: non è un tema che riguarda solo i sindacati americani, queste realtà sono presenti e ben attive anche in Italia”.

    Ma ripartono anche le assunzioni – C’è poi un risvolto particolare in questa vicenda. Meta ha ripreso ad assumere e lo fa in maniera forte. Su Linkedin tutta la compagine delle società di Mark Zuckerberg (Meta comprende Facebook, Instagram, WhatsApp, Unit 2 Games, Hot Studio, Oculus VR, Kustomer e altre) ha attive nel mondo 1.666 posizioni di lavoro.

    In Italia, da metà dicembre a oggi Meta ha aperto una ventina di posizioni, tutte in nuovi ambiti. La società, in particolare, ricerca un ingegnere di rete per cavi sottomarini, un ingegnere per la computer vision, un manager per il data center, un manager per i dati per Instagram, oltre a specialisti in intelligenza artificiale e nella protezione dei dati e della privacy.

       

           

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Sanità pubblica mancano 50 miliardi

 

Al finanziamento della sanità pubblica italiana mancano almeno 50 miliardi di euro per avere un’incidenza media sul PIL analoga agli altri paesi EU. Rispetto ai quali la spesa sanitaria del nostro Paese registra, nel 2021, una forbice del -38% circa (-12% di spesa privata e -44% circa di spesa pubblica).

 

La spesa sanitaria in Italia dal 2000 al 2021 è cresciuta del 2,8% medio annuo, il 50% in meno che negli altri Paesi EU di riferimento e anche durante la pandemia è la spesa è stata meno dinamica. E quindi, per recuperare il passo e garantire la stessa crescita degli altri Paesi europei, oltre alla crescita annua del finanziamento di 10 miliardi di euro per 5 anni, servirebbero almeno altri 5 miliardi di euro.

    Una delle conseguenze è che cresce la spesa sanitaria privata: quella media arriva a oltre 1.700 euro a famiglia. Tanto che il 5,2% dei nuclei familiari versa in disagio economico per le spese sanitarie; 378.627 nuclei (l’1,5%) si impoveriscono per le spese sanitarie e 610.048 (il 2,3%) sostengono spese sanitarie cosiddette ‘catastrofiche’.

    Secondo il Rapporto, nel 2021 il finanziamento pubblico si ferma al 75,6% della spesa contro una media EU dell’82,9% e la spesa privata incide per il 2,3% sul Pil contro una media EU del 2% (pari, appunto, a oltre 1.700 euro a nucleo familiare) ‘scaricando’ sulle famiglie, ad esempio, oltre un miliardo di spesa per farmaci.

    Le cause vanno cercate nei due decenni precedenti. La spesa sanitaria pubblica dal 2000 al 2021, in Italia, è cresciuta del 2,8% medio annuo, il 50% in meno che negli altri Paesi EU di riferimento. E nel 2021 quella del nostro Paese registra una forbice del -38% rispetto ai nostri ‘vicini’. Per recuperare il passo degli altri Paesi servirebbe, quindi, una crescita annua del finanziamento di almeno 10 miliardi di euro per 5 anni.

    “I dati che emergono dal 18° Rapporto di Crea Sanità descrivono la sanità italiana in grande difficoltà. È necessario, per un allineamento con i Paesi europei, un finanziamento di 10 miliardi di euro per 5 anni”. Lo afferma Domenico Proietti, Segretario Confederale Uil che continua: “Per queste ragioni la Uil ritiene indispensabile ricorrere alle risorse del Mes sanitario per rendere il Servizio Sanitario Nazionale efficace ed efficiente nelle prestazioni ai cittadini. È stato un errore gravissimo non aver fatto ricorso a quelle risorse a inizio pandemia ed oggi sarebbe delittuoso perseverare nell’errore. Chiediamo al Governo e al Parlamento un’assunzione di responsabilità nella consapevolezza che oggi la migliore politica economica è una buona politica sanitaria, perché tutte le risorse investite nella sanità hanno anche un riverbero positivo sul sistema economico e produttivo del Paese”.

       

      

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

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Chi desideri DISISCRIVERSI ci invii p.f. una email a unsubscribe_adl@vtxmail.ch. Grazie! 

                

Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

Lunedì 6/2/2023, ore 17 allo Spazio Rosselli, via degli Alfani 101r, Firenze

 

Presentazione del libro

di Ugo Intini

 

Testimoni di un secolo

quarantotto protagonisti e centinaia di comprimari

raccontano il secolo breve

 

Interverranno:

 

·       Ariane Landuyt, Professore ordinario di Storia Contemporanea dell’Università di Siena

·       Maurizio Vernassa, Docente di storia delle relazioni internazionali dell’Università di Pisa

·       Valdo Spini, Presidente Fondazione Circolo Rosselli

 

Sarà presente l’autore, Ugo Intini, già direttore de l’Avanti! 

       

        

Su Radio Radicale

https://www.radioradicale.it/

 

Socialisti in Italia.

Socialisti in Europa.

 

Il Convegno “Socialisti in Italia. Socialisti in Europa”, registrato a Roma giovedì 3 novembre 2022 alle 17:50 è stato organizzato da Partito Socialista Italiano.

 

Sono intervenuti: Claudio Novembre (componente della Segreteria Nazionale, Partito Socialista Italiano), Saar Van Bueren (vice segretaria generale del Party of European Socialists), Claudio Novembre (componente della Segreteria, Partito Socialista Italiano), Luigi Iorio (coordinatore della Segreteria Nazionale, Partito Socialista Italiano), Pia Elda Locatelli (responsabile Esteri, Partito Socialista Italiano), Andrea Silvestrini (segretario della Federazione di Roma, Partito Socialista Italiano), Michela Barattini (PES Activist), Benedetto Ligorio (componente della Federazione di Roma, Partito Socialista Italiano), Pina Incarnato (PES Activist), Enzo Maraio (segretario nazionale, Partito Socialista Italiano).

       

         

Da CRITICA LIBERALE

riceviamo e volentieri segnaliamo

 

QUADERNO

GOBETTIANO 1

 

Con scritti di

pietro Gobetti, enzo Marzo e paolo Bagnoli

 

La Fondazione Critica liberale inaugura una nuova collana di pubblicazioni, “Le frecce”, piccoli volumi di cultura politica e di attualità, che saranno offerti gratuitamente in PDF ai lettori, e anche stampati.

    Costituiranno un’ideale prosecuzione dei “Quaderni di Critica”, rintracciabili su questo sito. Il numero uno della serie è la riedizione, con alcune modifiche, del Quaderno gobettiano 1. > > > >  SCARICABILE GRATIS QUI

 

                      

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

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LETTERA

 

MAFIA sconfitta

 

La mafia non può ammettere di essere sconfitta perché perderebbe il proprio potere e ricordiamoci soprattutto di questo quando subito sono cominciate a girare le “voci” – non disinteressate – su un Matteo Messina Denaro che si sarebbe “auto-catturato”.

    Se la mafia ammettesse che neppure il boss dei boss è al sicuro non avrebbe più la forza di imporre ricatti ed ha quindi tutto l’interesse a far girare simili notizie.

    Un convinto grazie quindi ai Carabinieri, alle Forze dell’Ordine e ai Magistrati “limpidi” che con i fatti dimostrano che anche i padrini-assassini, alla fine, perdono sempre.

 

Lettera firmata

 

Sottoscriviamo – La red dell’ADL

       

 

L’Avvenire dei lavoratori

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

 

L’Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigra­zione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del “Centro estero socialista”. Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall’Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all’estero, L’ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l’Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L’ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l’integrazione dei mi­gran­ti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all’eclissi della sinistra italiana, diamo il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appar­tiene a tutti.

 

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