T. Rowe Price: la crisi energetica è appena iniziata

Buongiorno,

di seguito e in allegato invio un commento sulla crisi energetica e il futuro delle energie rinnovabili, uno fra i temi più dibattuti al World Economic Forum che si sta tenendo a Davos, a cura di Justin Thomson, Chief Investment Officer, International Equity, T. Rowe Price.

 

Con l’occasione ricordo che T. Rowe Price è un asset manager globale fondato nel 1937 a Baltimora (USA) con circa 1.500 miliardi di dollari in gestione, quotato sul NASDAQ dal 1986 e parte dell’indice S&P 500 e dell’indice S&P 500 Dividend Aristocrats, dotato di oltre 700 professionisti degli investimenti e di una delle piattaforme interne di ricerca più estese al mondo, con più di 330 analisti dedicati.

 

Un caro saluto,

Diana Ferla

M +39.349.0847023

 

 

T. Rowe Price: la crisi energetica è appena iniziata

A cura di Justin Thomson, Chief Investment Officer, International Equity, T. Rowe Price

 

In estate i prezzi all’ingrosso del gas sono aumentati a tal punto da portare a previsioni di blackout e razionamenti e a timori di freddo estremo nelle abitazioni private. Da allora, i prezzi hanno ritracciato perché la maggior parte dei paesi europei è stata in grado, di stoccare riserve di gas in vista dell’inverno.

 

Tuttavia, sarebbe un errore pensare che la crisi energetica sia finita, per molti versi è solo all’inizio. Dopo l’invasione dell’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha cercato di utilizzare le vaste riserve di petrolio e gas della Russia come strumento per indebolire l’opposizione tra i Paesi occidentali. Dal momento che Germania, Italia e altri Paesi europei sono sempre dipesi dall’energia russa a basso costo, si temeva che la Russia potesse infliggere enormi danni economici e sociali, più di quanto il continente potesse sopportare.

Chiudere i rubinetti del gas è un’arma che poteva essere usata solo una volta. Quando la minaccia si è palesata, i Paesi hanno iniziato a cercare fonti di energia alternativa. Dall’invasione dell’Ucraina, le importazioni di gas dalla Russia ai Paesi dell’Unione Europea (UE) sono diminuite in modo significativo, ampiamente compensate da un forte aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti e dal Qatar. Ad un certo punto, c’erano così tante navi da GNL in coda nei porti europei che i prezzi spot del gas sono diventati, per un breve lasso di tempo, negativi.

 

Allo stesso tempo, i paesi europei hanno annunciato tetti ai prezzi dell’energia per proteggere persone e imprese dalle conseguenze della crisi energetica. Questi programmi costosi hanno alimentato il debito pubblico, ma hanno contribuito a prevenire l’instabilità sociale e una forte contrazione economica. Anche il consumo di gas è diminuito in modo significativo a causa dell’impennata dei prezzi, del clima più caldo e dalla distruzione della domanda nel settore industriale.

 

Gli impianti di stoccaggio del gas in Europa sono ben riforniti rispetto agli anni precedenti e, in base all’attuale tasso di domanda, il continente dovrebbe arrivare alla primavera del 2023 con 30 miliardi di metri cubi (bcm) – 50bcm di stoccaggio rimanenti – una posizione nettamente migliore di quanto si potesse immaginare solo pochi mesi fa. Per questo è improbabile che l’Europa si possa trovare ad affrontare una grave crisi energetica il prossimo inverno, a meno che non si verifichi un’impennata della domanda dovuta al freddo o ad un’inversione nella distruzione della domanda.

 

Tuttavia, è troppo presto per dichiarare vittoria nella guerra dell’energia. Sebbene il tentativo di Putin di utilizzare la dipendenza dell’Europa dal gas russo come strumento di ricatto sia fallito, l’Europa si trova ancora di fronte ad una sfida importante per garantire il soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico nell’inverno 2023-2024, e oltre. L’era della Russia come principale fornitore che soddisfa il fabbisogno energetico europeo è finita: non è più possibile tornare allo status quo precedente alla guerra in Ucraina. La Russia non avrebbe sabotato i suoi gasdotti Nord Stream vicino alla Germania se avesse preso in considerazione l’idea di inviare nuovamente gas in Europa. Sul fronte europeo, del resto, non c’è alcun desiderio di tornare a dipendere dall’energia russa.

La transizione dall’energia russa non sarà tuttavia semplice. Nonostante il calo delle importazioni, il gas russo rappresenta ancora più del 40% delle riserve europee per questo inverno. In parole povere, se l’Europa ha circa 50 miliardi di metri cubi di gas stoccati per la primavera, dovrà immagazzinare di nuovo una grande quantità di GNL per arrivare in sicurezza fino alla primavera del 2024. Ai livelli attuali di domanda, ciò significa che l’Europa dovrebbe attrarre il 30% del mercato globale del GNL o il 35% del mercato spot globale una volta depurato dei volumi già contrattati.

 

Potrebbe rappresentare un’impresa ardua. Quest’anno si è registrato un aumento del 12% delle importazioni di GNL in Europa dagli Stati Uniti, ma questo tasso di crescita non è sostenibile perché la produzione e la capacità di esportazione degli Stati Uniti sono attualmente ai massimi. Anche se fossero disponibili più esportazioni statunitensi, in Europa la capacità di trattare il GNL è attualmente limitata. Anche se ci sono progetti per la costruzione di nuove infrastrutture di trattamento del GNL in Europa, il loro completamento richiederà probabilmente diversi anni.

 

Resta inoltre il fatto che gran parte del GNL importato in Europa lo scorso anno proveniva dalla Russia cosa che, a causa delle sanzioni, non potrà verificarsi. È probabile che la domanda mondiale di GNL aumenterà anche il prossimo anno, soprattutto se la Cina inizierà ad allentare le politiche “zero Covid”. Il GNL è già molto costoso, e i prezzi probabilmente aumenteranno nel corso del 2023 al crescere della domanda.

 

A lungo termine, le fonti rinnovabili sostituiranno le importazioni russe nel soddisfare il fabbisogno energetico europeo, ma questa prospettiva è ancora molto lontana. Pianificazione, finanziamento e costruzione di parchi eolici e solari sono i punti chiave di un processo pluriennale. Installare tubature e altre infrastrutture per consentire alle famiglie e alle imprese di utilizzare l’energia eolica e solare può richiedere ancora più tempo. Le forniture di turbine eoliche e pannelli solari sono limitate anche a causa dei colli di bottiglia derivanti dalle politiche restrittive in Cina, oltre che per i ritardi nelle autorizzazioni e nei finanziamenti. Le energie rinnovabili sono il futuro, ma non possono rappresentare l’unica risposta al fabbisogno energetico europeo nell’immediato futuro.

 

Questo implica che i combustibili fossili continueranno a svolgere un ruolo centrale ancora per qualche tempo. Nel breve termine, mentre i Paesi si affannano per individuare fonti alternative di gas, ci aspettiamo prezzi elevati e una maggiore volatilità. Ciò comporterà un costo enorme, in quanto i governi dovranno far fronte all’aumento dei prezzi e contemporaneamente sostenere i rincari delle bollette energetiche dei cittadini privati. Se i Paesi faticano a procurarsi tutto il gas di cui hanno bisogno, potrebbe essere necessario ridurre i consumi, ma convincere le persone a consumare meno gas ed elettricità non sarà semplice.

 

Riteniamo che molti paesi europei, ma non solo, quest’anno si troveranno ad affrontare una recessione, in gran parte causata dalla crisi energetica. È chiaro, quindi, che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia continuerà a ripercuotersi sui mercati energetici per un periodo prolungato. Chiudere i tubi del gas, seppur sia stata un’arma utilizzata una sola volta, avrà un impatto macroeconomico che si farà sentire per gli anni a venire.

 

(Commento e foto in allegato)

 


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