LA SETTIMANA DEI MERCATI (10-14 ottobre 2022) – Il commento di Mark Dowding, CIO di BlueBay

La settimana dei mercati – Mark Dowding, CIO di BlueBay

Senza una svolta, il Regno Unito rischia di diventare un mercato quasi-emergente

 

(10-14 ottobre 2022) La pubblicazione del report sull’inflazione statunitense di questa settimana ha sorpreso al rialzo per il secondo mese consecutivo, con i dati headline e core rispettivamente all’8,2% e al 6,6%. Quest’ultimo valore rappresenta un nuovo massimo del ciclo, il che significa che ogni speranza che la Fed possa abbandonare un percorso aggressivo sui tassi d’interesse appare prematura. Tuttavia, con i mercati dei future che ora scontano un 5% di Fed Funds per la prossima primavera, continuiamo a pensare che i rendimenti dei Treasury abbiano scontato gran parte delle cattive notizie e che ora non siano lontani dal fair value. 
 
Più il percorso dei tassi statunitensi si fa falco, più le prospettive economiche per il 2023 sembrano oscure. Da questo punto di vista, i policymaker sperano di ricevere presto notizie migliori sull’inflazione. L’economia sembra essere in fase di raffreddamento e con il mercato immobiliare fermo, prevediamo che una moderazione degli aumenti degli affitti possa temperare gli indicatori dei prezzi nei prossimi mesi. Tuttavia, le previsioni sull’inflazione restano difficili e la sua persistenza rischia di disancorare le aspettative sui salari e sui prezzi.

 

In questo contesto, gli asset di rischio hanno subito ulteriori pressioni al ribasso e le azioni statunitensi si sono avvicinate ai livelli precedenti alla pandemia e all’allentamento delle policy, prima di una brusca inversione di tendenza. Se i tassi dovessero salire oltre il 5% per placare l’inflazione, ciò implicherebbe probabilmente una recessione più significativa di quella che è finora sembrata probabile.

 

I timori di una recessione possono portare a un appiattimento della curva dei rendimenti e, se i titoli azionari dovessero scendere ancora, il sostegno del flight-to-quality potrebbe fungere da supporto ai titoli di Stato a più lunga scadenza. Di conseguenza, abbiamo ridotto una posizione tattica lunga sui tassi USA sulla scia dei del report sull’inflazione, ma rimaniamo orientati verso una duration lunga piuttosto che corta.

 

Intanto, gli eventi nel Regno Unito hanno continuato a catturare l’attenzione, con i rendimenti dei Gilt che hanno oscillato in un contesto di elevata volatilità e liquidità ridotta. L’annuncio della Bank of England di voler porre fine al programma di sostegno temporaneo ai Gilt ha portato i rendimenti a lunga scadenza a superare il 5,1%, dopo aver toccato il 3,6% all’indomani dell’annuncio della manovra.

 

In seguito, si è ipotizzato che la BoE avrebbe fatto marcia indietro su questa posizione se le condizioni di mercato lo avessero giustificato e ciò, unitamente alle voci secondo le quali il governo sarebbe stato costretto a fare marcia indietro su alcune parti del suo piano fiscale, ha portato ad un ribasso dei rendimenti.

 

Allo stesso tempo, i dati indicavano che l’economia britannica avrebbe subito una contrazione nel corso del terzo trimestre, mentre il forte calo della fiducia economica dopo il “mini budget” implicava che il Paese fosse già in recessione. Con i mercati che prevedono un forte aumento dei tassi di interesse nel Regno Unito, le condizioni finanziarie si sono inasprite e ciò rappresenta una minaccia sostanziale per il mercato immobiliare. Secondo le nostre stime, circa 2 milioni di famiglie dovrebbero veder raddoppiare i costi dei mutui entro i prossimi 12 mesi, se la Bank of England dovesse aumentare i tassi, come previsto dai prezzi dei future.  

 

Se ciò dovesse accadere, estrapoleremmo un calo del 40% dei prezzi delle case, che rispecchierebbe l’andamento dei prezzi del fixed income immobiliare a lunga scadenza di quest’anno. A sua volta, ciò potrebbe innescare il rischio di un collasso finanziario ed economico.

 

Di conseguenza, riteniamo che la BoE non potrà semplicemente aumentare i tassi in questo modo e farebbe bene a inasprirli in modo molto più modesto. Per molti aspetti ciò sembra giustificato, in quanto le aspettative di inflazione sono ora più basse di quanto non fossero prima del “mini budget”, grazie all’andamento dei prezzi dell’energia e alle preoccupazioni per le prospettive economiche. Probabilmente, riteniamo che il Regno Unito sarà costretto a un risultato in cui l’inflazione potrà rimanere più alta più a lungo. Ciò implica una curva dei rendimenti britannica più ripida e una sterlina più debole.

 

Riteniamo inoltre probabile una svolta politica nel Regno Unito. Il costo dei piani fiscali può essere mitigato dall’imposizione di imposte a pioggia sul settore delle energie rinnovabili, man mano che ci si rende conto che un modello di prezzo marginale per il sostegno all’energia non ha molto senso. In questo modo si potrebbe risparmiare un terzo della bolletta totale, che abbiamo stimato in 150 miliardi di sterline in 18 mesi ai prezzi prevalenti del gas. Anche la riduzione del sostegno ai contribuenti con aliquote più elevate e alle imprese potrebbe ridurre i costi, insieme a una maggiore spinta verso l’efficienza energetica. 

 

In questo caso, il costo di 150 miliardi di sterline potrebbe essere dimezzato e, insieme ad alcune riduzioni simboliche dei tagli fiscali, il Primo Ministro Truss potrebbe sopravvivere con un programma a favore della crescita intatto, a patto che la BoE e l’OBR siano disposti ad aiutarla. Tuttavia, le prospettive per il Cancelliere dello Scacchiere Kwarteng sembrano molto meno promettenti e sembra improbabile che possa arrivare a fine mese nel suo ruolo. Se dovesse rimanere ancora a lungo, il Regno Unito potrebbe rischiare di diventare un mercato quasi-emergente.

 

Per quanto riguarda i flussi legati agli LDI (“Liability-Driven Investment”), riteniamo che a questo punto sia stato completato circa il 50% delle vendite di asset (anche se qualsiasi ipotesi in merito è funzione del livello dei tassi a 30 anni). Il mercato dei tassi del Regno Unito continua a presentare un’importante convessità negativa, che contribuisce alla volatilità in entrambe le direzioni.

 

La natura imprevedibile di questi movimenti e il de-risking che si sta verificando rendono difficile capire cosa accadrà in seguito e con il sostegno della BoE al mercato dei Gilt destinato a terminare oggi, le prossime sedute saranno sotto stretta osservazione. Tuttavia, siamo propensi a iniziare a ridurre lo short sui Gilt a lunga scadenza vicino al 5%, mantenendo una posizione lunga sui contratti SONIA a breve termine e uno short sulla sterlina.

 

Rispetto al Regno Unito, i mercati del resto d’Europa e di altri Paesi sono apparsi relativamente spenti in riferimento alla pubblicazione dei dati sull’IPC statunitense. Nel frattempo, i movimenti dei Gilt hanno dominato l’azione dei prezzi su altri mercati, data la correlazione diretta con il livello dei rendimenti del Regno Unito e con le necessarie vendite di asset che potrebbero verificarsi di conseguenza. La vendita di alcuni asset ha creato dislocazioni tecniche sui mercati globali del credito.

 

Nel settore del credito in sterline, le operazioni di portafoglio hanno visto la creazione di rendimenti di 10 o 20 punti percentuali, allontanandosi dai livelli medi di mercato. Tuttavia, su un’ampia base di mercato, gli indici del credito si sono dimostrati generalmente più resilienti rispetto alle azioni, con l’evidenza di una certa quantità di liquidità messa al lavoro, mentre i rendimenti definitivi raggiungono livelli di valutazione che innescano la domanda di asset investment grade e high yield.

 

Guardando al futuro

La volatilità degli asset del Regno Unito potrebbe continuare a essere un fattore determinante per l’azione tecnica dei prezzi nel breve periodo. Tuttavia, saranno le prospettive dell’inflazione statunitense e del ciclo di rialzo dei tassi ad avere un impatto molto più duraturo per i mercati finanziari globali nei mesi e nei trimestri a venire. Per il momento, sembra difficile scrollarsi di dosso la narrativa macro che ha tenuto banco dall’inizio del 2022. Tuttavia, gli investitori sono posizionati in modo difensivo, come dimostra il sell-off relativamente contenuto sulla scia del deludente dato sull’inflazione. 

 

In generale, riteniamo che ci siano ancora validi motivi per prevedere una moderazione dei dati sui prezzi nei mesi a venire. Ciò dovrebbe avvenire, a patto che i salari non inizino a muoversi in modo più evidente verso l’alto, provocando un impatto di secondo round sull’inflazione. Col tempo, questo dovrebbe creare un contesto più costruttivo, ma prima le aspettative sui tassi dovranno raggiungere un picco.

 

Continuiamo a pensare che l’aggiunta di esposizione agli asset in ipervenduto si rivelerà l’approccio corretto in un’ottica di medio termine, e quindi siamo più propensi ad aggiungere rischio in caso di debolezza che a vendere le posizioni esistenti.

 

 

RBC BlueBay Asset Management, parte di RBC Global Asset Management (la divisione di asset management di Royal Bank of Canada), offre servizi e soluzioni di gestione degli investimenti a livello globale nelle aree EMEA e APAC. Caratterizzati da una forte esperienza negli investimenti azionari attivi e da una piattaforma di investimenti obbligazionari (BlueBay), disponiamo delle dimensioni e della capacità necessarie per generare risultati che soddisfino gli obiettivi degli investitori, compreso quello di integrare i fattori ESG in tutte le strategie di investimento.

Con 486 miliardi di dollari di asset in gestione a livello globale, l’ampiezza delle nostre competenze per asset class, l’approccio collaborativo e l’impegno per l’eccellenza del servizio assicurano agli investitori di essere ben posizionati per beneficiare delle opportunità di investimento in tutte le asset class e aree geografiche.

Mark Dowding, CIO

Mark Dowding, con oltre 25 anni di esperienza nel mondo degli investimenti, è in BlueBay dal 2010. In precedenza è stato Head of Fixed Income per l’Europa in Deutsche Asset Management, ruolo che aveva già ricoperto in Invesco. Ha iniziato la sua carriera come gestore obbligazionario in Morgan Grenfell nel 1993, dopo la laurea in Economia all’Università di Warwick.

ARTICOLI RECENTI
Video